Il Piccolo Circo chiude.
No, non sono le attrazioni che mancano. Il nostro Piccolo Circo ha sempre un leone di pezza, dei nani ancora più alti ed un'infinità di numeri straordinari in programma, tra questi un nuovo partito a firma Berlusconi, il feroce rottamatore Renzi, il tacchino sul tetto dell'auto di Bersani, le lacrime, senza dignità, di Emilio Fede alla presentazione del suo movimento di assenti, il tornado che si abbatte sul tifone dell'Ilva, dei sindacati insindacabili ed altri ed altri ancora. Un elenco lunghissimo, infinito. In copione, scritte da autori formidabili, ci sono nuove battute memorabili come " due o tre morti in più che cambia?" o " voglio che la gente, andando al lavoro, possa ritornare a dare del tu alla speranza!". Roba da far sbellicare dalle risate qualsiasi pubblico pagante.
Nemmeno della crisi è la colpa, il Circo, nonostante tutto, tira sempre.
Il vero problema è il minestrone.
Il Direttore non lo ama più, non ha più voglia di prepararlo, di distribuirlo. Così si chiude, definitivamente.
Si gettano le maschere, i costumi, i lustrini. Niente più donna cannone ne cannonate. Basta con i clown d'occasione, saltimbanchi, nani fuori misura. Gli animali, anche se di pezza, liberi. Si spengono le luci.
Il tendone colorato ora è al buio, vuoto, dimenticato.
Fuori nevica, tutto è bianco, un silenzio vestito di neve.
Un corpo pesante cammina lasciando una scia d' impronte leggere.
Dietro le spalle, il suo vecchio mondo brucia.
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