Quando, in una notte d’estate appesa ad una luna piena, riuscì ad attraversare il fiume camminando su di un ponte di stelle, si disse che non era una magia e lui non era un mago.
Non possedeva una bacchetta, ne un cilindro. Non aveva poteri soprannaturali.
Lui era solo un uomo. Uno convinto che tutto si poteva fare se si aveva fiducia nella fantasia.
In fondo anche guardando, con attenzione, una semplice lampadina si poteva avvicinare il sole. No, non si sentiva un principe delle illusioni. Qualcuno, forse un borghese seduto, non ricordava bene, un giorno glielo aveva detto, accusandolo di vendere fumo.
No, non era un tabaccaio, il fumo mai lo aveva venduto, ne creato.
Si qualche volta aveva fumato, riuscendo persino a formare, con fantastiche volute blu, degli anelli tremolanti ed immensi che avevano preso la via del niente spinti da nessuno.
In quel niente lui volava e dentro trovava tutto.
Il mondo, a volte tossico, altre rassicurante. Ci trovava la domenica, l’estetica, la provincia stanca, le città furiose, l’estate, l’autunno, la compagnia e la solitudine. Le nuvole. La bicicletta. Musica.
Alla domanda di cosa fosse la vita per lui, rispondeva allargando lentamente le braccia, avvicinandole subito dopo ai fianchi facendo scomparire le mani nelle tasche di pantaloni inesistenti.
Lui da sempre nudo regalava vestiti.
Li tagliava e cuciva con la passione e l’abilità di un grande sarto senza, per questo, definirsi stilista degli dei. Eppure di stile ne aveva parecchio. Avrebbe potuto tranquillamente farlo fruttare semplicemente spargendone i semi dorati sui terreni aridi su cui, spesso, aveva passeggiato, leggero. Non gli importava, non gli era mai importato.
Ti guardava con occhi che entravano diritti nel cuore, spaccandolo. Non avevano un colore, erano arcobaleni. Caleidoscopi fantastici.
Poi, in una notte d’estate violentata da una luna piena, si costruì un ponte di stelle, un graffio nel cielo, e passò il fiume.
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