lunedì 19 dicembre 2011

Il giorno di Natale.


Il giorno di Natale per Mario, cassaintegrato, separato, con tre figli a carico ed un mutuo impossibile sulle spalle, sarà un giorno come tutti gli altri dell’anno appena trascorso: un giorno di merda.
Certo, grazie ai cinesi, riuscirà comunque a regalare qualcosa ai suoi figli, nipoti e parenti prossimi e, scandagliando le offerte nei Discount, avrà anche il tradizionale pranzo della vigilia di Natale anche se il panettone, una volta aperto, sprigionerà un leggero odore di muffa.
In un angolo della sua piccola casa, da tempo assediata dalle banche, metterà l’albero di plastica con le palline colorate. Le luci no, per risparmiare sulla bolletta già troppo cara.
Poi farà un giro veloce di telefonate per augurare, a chi ancora si ricorda di lui, le Buone Feste.
Sotto l’albero metterà l’unico pacchetto regalo che lui stesso si sarà fatto.
Sarà molto bello, di carta multicolore stampata con renne, abeti e Babbi Natale. Il fiocco, che lo sormonterà, d’oro ed enorme.
Lo aprirà nella notte di Natale, da solo perché i suoi figli passeranno la vigilia in compagnia della sua bellissima ex moglie che, da qualche tempo, si è rifatta una vita scegliendo, questa volta, un farmacista. Non per amore, ma per dare, una volta per tutte, un calcio definitivo alle difficoltà economiche.
Aprendolo, facendo finta di non sapere cosa contenga, si mostrerà felicemente sorpreso, contento. Poi, trascinandosi dietro il suo utilissimo regalo, cercherà una bella trave, la più solida tra quelle che reggono il tetto, e, a cavallo di questa, lo farà penzolare, non prima di averci fatto un bel cappio ed averlo ricoperto di filo argentato. Poi infilerà la testa, stringerà il nodo scorsoio abbellito da nastrini rossi, darà un calcio allo sgabello, precedentemente coperto di muschio avanzato dal presepe, e si lascerà cadere.
Morendo, forse proverà dolore, ma mai quanto ne abbia provato in vita.
Finalmente, alla fine di tutto, dondolerà leggero sognando la luce gialla di una stella cometa.
In lontananza, dalla finestra socchiusa sul mondo, l’insegna a caratteri cubitali, illuminati al neon, della fabbrica che gli ha rubato la vita.

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