giovedì 27 gennaio 2011

La birra e lo straccio.

Lo scheletro entrò nel bar ed ordinò una birra e uno straccio. Il barista, brizzolato e razzista, sbirciandolo di traverso, lo valutò un extra comunitario esageratamente magro e lo servì senza un sorriso. Seduti ad un tavolo poco distante dal bancone alcuni clienti discutevano ad alta voce, gesticolando, saltando da una questione all'altra. Lo scheletro, pur senza orecchie, ascoltava. Uno di loro, alto, stempiato e con la pancia gonfia del gran bevitore, si alzò per uscire a fumare appena dopo aver detto la sua sulla formazione che avrebbe dovuto scendere in campo la domenica successiva nell'incontro che la squadra del cuore, piuttosto in difficoltà nell'ultimo periodo, doveva sostenere con la prima in classifica. Gli altri, tra cui spiccava per animosità l'uomo delle farine, lo invitarono ad occuparsi d'altro. Il barista, asciugando con una pezza linda alcuni bicchieri, annuiva sospirando. La parola passò al pensionato tuttologo che virò dal calcio alla politica. In quei giorni, nella Repubblica delle Parole al Vento, teneva banco la questione morale legata ai comportamenti poco consoni del Capo del Governo. Coinvolto in ripetuti, reiterati scandali a tutto pensava tranne che a dimettersi. Il gruppetto si lanciò in una serie di critiche feroci, pur sostenendo di averlo votato alle passate elezioni, definendolo nano, vecchio, esageratamente ricco, satiro, porco. Infine quello che tutto sapeva concluse dicendo che lui, forse, avrebbe fatto lo stesso perchè, da che mondo e mondo, l'uomo è cacciatore. Poi bastava pentirsi magari in un confessionale. Gli diedero l'assoluzione scolando l'ennesimo Barbera. Poi si passò alla Storia. La pratica della ricorrenza del centocinquantenario dell'Unità del Paese fu svolta in due minuti, mischiando Garibaldi con Socrates e Cavour con Maradona. Mazzini fu confuso con Mazzinghi ed uno giurò che fu Primo Carnera a sfondare Porta Pia. Rapidamente sorvolarono Piave, Carso e battaglie di trincea, per giungere all'ultimo conflitto che aveva coinvolto il Paese a livello mondiale. Tutti ritennero che si fosse trattato di un tragico errore in cui era incappato un uomo in fondo buono, ispirato, che aveva a cuore le sorti della sua gente. " Si, è vero, si fece plagiare da un pazzo ma in tanti luoghi, grazie alle bonifiche, eliminò la malaria." concluse l'uomo delle farine. Poi uno disse " Signori, si è fatto tardi. E' quasi ora di cena." Tutti si alzarono e, dopo aver saldato il conto, mossero verso l'uscita. Passando vicino allo scheletro, che tranquillamente finiva la sua birra, notarano una serie di numeri incisi sul suo ossuto avanbraccio sinistro. Il tuttologo, curioso come sempre, ne chiese il motivo. Lo scheletro, lasciando cadere lo straccio, con un fil di voce, disse " Oggi è il Giorno della Memoria. Io sono qui per ricordarvelo."
" Ma certo! " esclamò l'uomo delle farine " Il signore ha ragione. Son passati settant'anni dall'ultimo scudetto del Grifo! Grazie per avercelo ricordato." " Porca miseria, stiamo proprio diventando vecchi. Come è possibile che  riusciamo a dimenticare avvenimenti del genere. Dove è finita la memoria?" concluse il tuttologo avviandosi alla porta. Quando tutti furono andati lo scheletro raccolse lo straccio inzuppato da terra,  lo porse al barista e se ne andò. Questi schifato lo gettò in un secchio e lì lo dimenticò.        

mercoledì 26 gennaio 2011

Arma letale.

Pizzaballa

 "L'età non conta!" recitava lo slogan a caratteri cubitali sulla locandina, affissa un po' ovunque, che annunciava le annuali Olimpiadi Invernali Geriatriche organizzate dall'amministrazione della piccola cittadina affacciata sul mare, ai primi del mese di Novembre per la Settimana dei Defunti, sulle cui spiagge giocarono bimbetti Cochi e Renato e che Alberto Sordi citò, in una sua pellicola degli anni '70, con la famosa battuta " Ad A. ci mando i miei operai!". Il programma prevedeva svariate discipline tra le quali spiccavano la corsa coi sacchi usurati, la gara a chi riusciva ad ingurgitare più camomilla, quella a chi lo ritrovava prima, esclusivamente per i signori uomini, la staffetta 4x3 metri con bombola di ossigeno per testimone, il lancio della dentiera, il palio dei matusalemme, la costruzione nel minor tempo di una bara in mogano completa di accessori. Su quest'ultima veniva concessa la possibilità di giocarsi il Jolly, normalmente un addetto alle pompe funebri locali già Maestro d'Ascia, che guidava e consigliava gli anziani novelli falegnami suggerendo loro come realizzare al meglio l'opera. L'annuncio, come ogni Autunno, aveva portato uno stato di frizzante eccitazione nella comunità di svernanti. Tutti si preparavano alla disfida con un impegno ed un impeto che ricordava la furia di Tomba quando stracciava gli slalom sulle piste degli eterni ghiacciai. Alcuni vecchissimi atleti giungevano in città appositamente per partecipare. Tra questi spiccava ogni anno il noto portiere dell'Atalanta Pier Luigi Pizzaballa del quale si sapeva la presenza certa ma nessuno riusciva mai a vederlo, ne a trovarlo. Desaparecido come ai tempi dell'album Panini della stagione calcistica '63/'64 dove la sua figurina fu causa di disperazione, frustrazione e traumi futuri per migliaia di bambini dell'epoca e ancora oggi viene ricercata con maniacale pervicacia dai pochi collezionisti sopravissuti. Il primo di Novembre centinaia di vecchietti si radunarono sulla spiaggia grande indossando la divisa d'ordinanza costituita da mutandoni e canottiera manica lunga in lana tipo ruvido, ciabatte di feltro imbottite, papalina con pon pon bianca, bastone d'appoggio recante il numero d'iscrizione scolpito a mano, razione K a base di medicinali assortiti. Dalla solita panchina con annesso antico fisarmonicista dagli occhi e barbetta diavoleschi del quale nessuno sapeva l'età, ma pare che già i Romani quando costruirono l'Antica Aurelia ne avessero conoscenza, partirono le struggenti note dell'Inno di Apertura dei Giochi. Ci fu l'accensione del braciere Olimpico da parte di un dipendente del gas e, subito dopo, l'alzabandiera a cura dell'Assessore ai Servizi Sociali. La prima gara in programma era la staffetta 4x3 con bombola d'ossigeno. I partecipanti, trentadue arzilli vecchietti mischiati per sesso, si disposero in file di quattro sulle otto corsie dell'anello di sabbia che risultava piuttosto mossa a causa di un forte vento di Maestrale proveniente dall'odiata Terra di Francia. Il Sindaco, visibilmente commosso da tanta convinta partecipazione, alzò la pistola automatica da starter accincendosi a dare il via alla corsa. Purtroppo vi furono due contrattempi. Una violenta folata di vento gli riempi gli occhi di rena e la pistola risultò poi essere un Kalashnikov a sparo tracciante. L'improvvido Primo Cittadino, a causa dell'improvvisa cecità, alzò il braccio ad altezza d'uomo e premette il grilletto. La raffica che ne seguì venne accolta dal pubblico con sonori applausi e grida di giubilo ritenendola erroneamente un anticipo dei fuochi pirotecnici in programma per la sera quando ci sarebbe stato l'atteso Party della Minestrina. Quando la nuvola dei gas di scarico e la luce dei traccianti dell'arma si diradò tutti si accorsero di quanto accaduto. I trentadue baldi concorrenti risultavano distesi sulla sabbia, alcuni colti in pose non consone, tinta di rosso. Le ambulanze della Croce Verde accorsero a sirene spiegate. I militi raccolsero i cadaveri. Fortunatamente la gara di costruzione delle bare si era appena conclusa. I Giochi vennero dichiarati chiusi per lutto cittadino e non furono mai più organizzati. L'Amministrazione offrì un gelato di creme alla soia a tutti e venne riconfermata in blocco alle elezioni successive. Il fisarmonicista è ancora là, continua a suonare sbirciando da sotto gli occhiali scuri le turiste passare ed è l'ultimo custode di questa storia. Così si dice anche se nessuno lo ha mai sentito parlare.

lunedì 24 gennaio 2011

Sole rosso.

Il sole si fece rosso. Giovanni disse " Bello! L'amore è un qualcosa che vola. "
Nell'appartamento il tempo si era fermato. Le piccole cose sparse qua e là che avevano marcato la sua vita fino ad allora parevano scomparse. Anche Dio sembrava non riconoscerlo più come figlio suo. Dall'abbaino della mansarda continuavano a vedersi le stelle ma lo spettacolo non riusciva più a stupirlo. Tutto era diverso, diseguale, cambiato. Entrò nella stanza da bagno e si infilò sotto la doccia. L'acqua calda che cadeva violenta sulla sua pelle lo rassicurò. Pensieri lo guidarono su altre strade. Quando chiuse il rubinetto sapeva già cosa fare. Nudo e bagnato si diresse in camera da letto fermandosi davanti al secretaire Luigi XVI. Tirò un cassetto. Dentro c'era il mare che l'aspettava.

sabato 22 gennaio 2011

Il miele.

Quella sera vide suonatori tristi frantumare note davanti a sedie vuote, come animali in lotta in una gabbia comune che era il tempo. Nella notte fece sogni fantastici e anche qualche incubo. Dio che fumava un enorme sigaro cubano, la terra che rallentava ad ogni morte di un poeta, qualcuno che presentava copia magnetica della Carta Costituzionale dal salumiere riuscendo, senza alcuna difficoltà, a pagare il conto, moltissimi che si iscrivevano alle Liste di Immobilità, e, quando ormai era quasi mattina, Walter Chiari. Si svegliò udendo distintamente la sua voce che urlava " Vieni avanti, cretino!". Seduto sul letto, sudato, ansimava roteando gli occhi. Dalla finestra aperta sul mondo entrava un raggio di sole. Con la bocca aperta e la lingua di fuori cercò di leccarne il calore. Quando la luce lo invase lui decise di diventare un serial-killer. Prese una sigaretta dal pacchetto che era sul comodino, la accese, aspirò con gusto, lentamente. Subito dopo la spense sul pavimento in legno pensando di smettere di fumare ma poi, ripensandoci, preferì smettere di pensare. " Se sapessi scrivere mi dedicherei alla letteratura, se sapessi leggere diventerei uno scrittore." si disse. " La banalità è indistruttibile come una bottiglia di plastica ma anche, come la plastica, riciclabile." concluse. Poi andò in cucina e si fece un caffè. Lo zucchero era finito. Il barattolo del miele ancora intatto.

martedì 18 gennaio 2011

Ruby Rubacuori.

Ruby Rubacuori fece il suo ingresso trionfale nella porcilaia. Le ghiande erano quasi finite ma i maiali grugnirono all'unisono la loro ammirazione. Lei avanzava a piedi nudi pestando il letame. Schizzi schizzavano schizzando ovunque. Il fedele cronista prese appunti pur avendo gli occhi coperti di merda. Il tronista scivolò dal trono, la valletta di plastica tettuta esplose. L'allampanato avvocato partì con una impetuosa difensiva arringa ma il microfono era spento, nessuno lo udì. Il centravanti di sfondamento volle un ritocco al contratto per essere stato accerchiato e sfondato senza che il suo procuratore ne fosse avvertito. La vecchia cantante e la showgirl di generosa gamba agitavano il ventre coperte da veli impietosi. Il grasso pelato rideva caimano sbavando su un culo. Altre cariatidi palpeggiavano ninfette. L'orchestra suonava un ritmo infernale diretta da un diavolo con la bandana. Quando Ruby gli giunse alle spalle e lo chiamò con quel nomicino, lui si girò per abbracciarla. Lei sorridendo gli mostrò il cinque. Lui fece per batterlo ma lei lo spostò. Scese il silenzio, il re dei maiali si disse offeso. " Son cinque milioni! O paghi o vai fuori dai coglioni! " Aprì la borsetta e il cassiere vi infilò la mazzetta al netto dei  diritti S.I.A.E. Dita ungulate laccate di rosso tirarono una zip. L'orchestra riprese a suonare, l'orgia ripartì. L'autista mise in moto la Rolls e attese con una portiera aperta. Quando Ruby salì le diede un bacio sulla guancia, si fece consegnare la borsetta, partì. Lungo il viale alberato che portava ai cancelli del castello incrociarono un'interminabile corteo di Gazzelle che avanzava velocemente a sirene spiegate. Lui la guardò nello specchietto retrovisore rifarsi il trucco. Lei alzò gli occhi vellutati. " Come sono andata, Lele?" chiese " Bene!" rispose lui. " Sono sicuro che avrai un grande successo! Le discoteche faranno la fila per averti! Ecco, cara, ora però scendi. Siamo arrivati al controviale. E' ora che vai un po' a lavorare. Stai tranquilla, ti farò sapere. Ciao. Ah, scusa, quasi dimenticavo. Tieni questa scatola di preservativi. Falli fruttare! ". L'auto lussuosa silenziosamente ripartì. L'uomo alla guida infilò un cd nel lettore, le note di Faccetta Nera riempirono l'abitacolo. " Ok, è andata." pensò tra se " Qui ormai ho chiuso ma sono certo che presto ci sarà di nuovo da fare. Questo è un Paese pieno di risorse e dalla memoria troppo corta. Tra poco tutto sarà dimenticato e il popolo avrà presto un'altro Re con cui divertirsi. Basta aspettare. Nel mentre farò una bella vacanza. Noi che reggiamo le fila dello spettacolo ne abbiamo il diritto. Che ne pensi, fratello?". Disse, infine, alzando gli occhi al cielo.    

sabato 15 gennaio 2011

Lo specchio.

"Sono stanco di questa vita. Rivoglio una quarantadue." si disse l'uomo grasso guardandosi allo specchio. " A parte l'eccesso di adipe, in fondo, sono un uomo fortunato. La vita mi ha sempre sorriso anche se, a volte, con denti cariati. " Così pensava mentre, nella sua mente, riaffiorava il ricordo di quel giorno, un paio di anni prima, quandò nevicò. Tutto era bianco, persino il mare. Non ebbe nemmeno il tempo di meravigliarsi di quella fantastica quiete che già c'era uno con gli sci ai piedi. Un entusiasta? Un cretino? Uno scemo? " Nemmeno quando cade la neve c'è pace!" disse fra se. Dal piano di ardesia che incorniciava il lavabo prese il pennello da barba, lo passò sotto l'acqua calda e lo intinse nel sapone che aveva preparato per radersi. Insaponandosi  notò che quello che stava ricoprendo di bianco non era il suo viso. Fece un sobbalzo e il pennello gli cadde di mano finendo sul pavimento. Mosse un passo indietro per vedere meglio l'immagine riflessa ma questa non stava un attimo ferma. Appariva, scompariva, faceva smorfie muovendo la lingua freneticamente in stile Kiss. Infine gli fece il gesto dell'ombrello per poi sparire nel nulla. Sebbene lui stesse sempre lì davanti, nello specchio non c'era più nessuno. Cercando di capire allungò un dito verso il vetro. Un attimo prima che riuscisse a toccarlo, una mano nodosa con annesso braccio tatuato spuntò dalla superficie e gli serrò in una morsa ferrea i testicoli alzandolo contemporaneamente da terra. Urlò stravolto dal dolore cercando di divincolarsi ma la mano non mollava la presa. Allora impugnò l'affilato rasoio che stava, pronto all'uso, vicino alla ciotola del sapone e diede un colpo deciso cercando di staccarla. Dopo cadde per terra, svenuto. Quando, il giorno successivo, la domestica venne per le pulizie di casa, lo trovò nudo, in un lago di sangue, disteso sul pavimento. Terrorizzata corse al telefono e chiamò soccorso. Un medico del 118 ne constatò la morte per eviramento. La questura aprì un fascicolo per omicidio. Le indagini proseguirono per qualche mese, poi il tutto venne archiviato per mancanza di indizi, sospetti e  movente. Tutti si dimenticarono di lui. Un anno dopo il suo appartamento venne affittato ad un nuovo inquilino. Un uomo magro e tranquillo, impiegato presso la locale Filiale del Monte Dei Paschi. La prima mattina che decise di farsi la barba, nello specchio, non si riconobbe.

giovedì 13 gennaio 2011

Cervelli in fuga.

Cervelli in fuga. " Che stupidaggine." pensò. Sulla tavola un'insalata di indivia, pomodoro e tofu lo guardava. Piantò la forchetta nel mezzo del piatto e mise in bocca quel che vi rimase infilzato. Un pezzo di pomodoro fuori stagione e uno di formaggio di soia finirono sotto i suoi denti. Mentre masticava, cercando di dimenticare cosa, gli occhi si proiettarono al di fuori delle orbite quando apparì in televisione il Presidente del Consiglio. Il tofu, già di per se indigesto, gli andò di traverso e quasi lo soffocò. Lottando col cementifero bolo prese in mano il telecomando e lo puntò sul plasma 28 pollici per alzarne il volume. Il Premier, truccato a dovere, parlava serissimo, quasi funereo, della situazione economica e della stasi industriale del Paese. Le sue parole erano le solite, false e ipocrite a suo giudizio, ma, ascoltando bene, gli parve di udire qualcos'altro in sottofondo. Premette ancora il tasto del volume e lo spinse al massimo. Tese le orecchie per capire meglio. La voce del Capo del Governo era fortissima, disturbava ma sotto si, ecco, si sentiva qualcosa di diverso. " Sembra una musica, una canzone. Ma cos'è?" disse tra se. Alzandosi dalla sedia, abbandonando senza rimpianti l'insalata al suo destino di rifiuto prossimo, si avvicinò all'apparecchio. " Sì, eccola. Bastardo!" urlò " Ti ho beccato!" Riconobbe il ritornello di Maramao perchè sei morto mischiato alle parole del satiro nano. Il servizio si concluse e riapparve la scrivania del conduttore del TG, ma questi era sparito. Al suo posto c'era Apicella vestito da Pulcinella che cantava Resta cun me. Cambiò canale e anche qui era la stessa cosa. Preso da improvviso terrore fece un frenetico zapping ma le reti erano tutte unificate ed Apicella inamovibile. Mentre si accingeva a scagliare il telecomando contro il televisore la luce andò via. Tutto divenne buio per un tempo che gli parve infinito. Quando la corrente tornò si accorse di non ricordare nemmeno chi fosse e che stesse facendo. Sulla tavola vide un piatto con dentro delle cose che non riconobbe. Raccolse con due dita qualcosa di cui non distingueva bene il colore. Lo mise in bocca. Masticò senza sentire nessun gusto. Meccanicamente finì tutto quello che il piatto conteneva. Dopo poco suonarono alla porta. Si alzò ed andò ad aprire. Sull'uscio c'era un Funzionario del Governo che gli comunicava che il suo cervello era fuggito.

martedì 11 gennaio 2011

La leggerezza delle nuvole.

Luci rosse di passione i suoi pensieri. La gente non lì capì mai eppure c'è stato un tempo in cui cantava. Ora che i giorni sono tutti diversi ed il vecchio sussidiario illustrato della sua vita è coperto di polvere, dimenticato in un angolo dell'appartamento, non sente più il bisogno di contare gli anni che ha. Con una lametta si disegna il petto, con pezzi di ghiaccio lenisce i graffi. Un po' di tempo fa qualcuno gli ha fatto male ma non riesce a ricordare chi e perchè. Questo gli permette di conservare un certo stile mentre urla guidando lentamente la sua auto sulle onde. Ha salutato tutte le sue amiche, qualcuna era impacciata, qualcuna violenta, qualcuna cercava solo la gloria. Donnine pornografiche, perdute nelle pagine dei giornali della moda che le rendeva prigioniere. Lo ricorda bene, non si respirava. C'era una storia d'amore e subito dopo un reggiseno da slacciare. Il disco girava e lui lo fermò. Una maga gli predisse fortuna mischiando tarocchi, poi gli mangiò gli occhi. Andò cieco per le strade del mondo, inciampando nelle sue sere, cercando un posto dove buttarsi via. Rimase ad aspettare una malattia. Pianse per un sogno e fu folle amore. " Dammi quello che vuoi tu." disse. " Avrai la leggerezza delle nuvole e, anche se non ci ritroveremo mai, le mie braccia bianche." rispose. La corriera partì e la straniera lo salutò. Le vacanze erano finite e lui scrisse un romanzo erotico. Poi lo stracciò. Oggi, mentre aspetta, comodamente seduto in un cinema, che cominci la seconda parte del film, sa già che il finale lo sorprenderà.    

domenica 9 gennaio 2011

Clint Eastwood.

Il giorno che se ne andò, prese con se tre panettoni scaduti e la chitarra. I primi perchè qualcosa da regalare a chi si vuol bene serve sempre, la seconda per far si che chi rimaneva avrebbe, finalmente, potuto spolverare, senza lamentarsi, l'angolo al quale era appoggiata. Chiudendo silenziosamente la porta dietro di se, diede un'ultima occhiata all'arazzo stampato a motivi floreali  appeso alla parete  di fronte all'ascensore. Non gli era mai piaciuto e fu contento di vederlo per l'ultima volta. Mentre aspettava  il montapersone partito dal piano terra, abitava al 35°  di un palazzo a vetri di Manhattan e, normalmente, ci volevano circa cinque minuti, considerando le varie fermate, prima che arrivasse, si accese una sigaretta. Non si poteva. Era severamente proibito, dal regolamento condominiale, fumare all'interno dell'edificio. " Per questo c'è più gusto!" disse tra se. Le porte si aprirono frusciando e lui entrò. Premette il pulsante che gli avrebbe permesso di fare il tragitto inverso e l'ascensore ripartì. Al 27° piano si arrestò. Salì la figlia dodicenne accessoriata di zainetto, lentiggini, brufoli e treccine bionde, stupida e petulante, dei Jones. Appena lo vide lei gli chiese subito, con quella vocina fastidiosa che lui non aveva mai sopportato, dove andasse con la chitarra a tracolla e quei tre panettoni, visto che il Natale era passato da un pezzo. Lui la guardò come fosse Clint Eastwood con il sigaro in bocca in un  film di Sergio Leone e, senza rispondere, le diede un pugno sulla testa. La bambina cadde a terra tramortita. Nemmeno un lamento. Quando l'ascensore, senza più arrestarsi, giunse al piano terra, la scavalcò e fece due passi verso il monumentale portone d'ingresso, per lui di definitiva uscita, che dava sulla Columbus Avenue. Poi ci ripensò, tornò indietro, e le diede un calcio sul viso. Le treccine si colorarono di rosso, ton sur ton con il nastro di raso che le teneva legate. Prima di voltarsi la osservò ancora un attimo. " Eccola lì la nuova generazione che dovrebbe cambiare il mondo. Basta poco ed è subito ferita e con il culo per terra. Ai miei tempi si lottava di più, non ci si arrendeva così facilmente." Questo pensò girando sui tacchi. Uscendo salutò il portiere spegnendogli il mozzicone su di un bottone dorato della divisa. In strada il traffico era intenso, caotico come al solito. Lo smog lo eccitava. " Bella la vita! Eh, amico." urlò ad un homeless che lo guardava. Non rispose ma, con movimento incerto, gli allungò il sacchetto di carta che conteneva una bottiglia di Gin. Lui la prese e bevve un sorso. Era fortissimo, di pessima qualità. Andava bene. Proprio quello che ci voleva. Ora poteva finalmente andarsene.
Quella stessa mattina due Boeing 747 volarono bassi.

giovedì 6 gennaio 2011

La Fiesta.

La rotula.
Fratture, remissioni e crisi isteriche.

Il titolo della locandina che presentava il convegno medico, appesa, con del nastro adesivo, ad una parete del Reparto Chirurgia di ua nota Clinica privata, gli piacque talmente tanto che decise di parteciparvi. Lui non era medico, era solo un senzatetto curioso e quello che lo solleticava particolarmente era la parte dedicata alle crisi isteriche. La rotula e le remissioni non avevano, per lui, un grande appeal ma le crisi isteriche, quelle si che l'attiravano. Sul palmo di una mano, con una Bic, appuntò la data e l'ora del simposio. Poi si diresse verso il distributore di bevande dal quale prelevò un caffè con doppio zucchero ed una Fiesta. Tornò indietro, entrò nella sala d'attesa e si sedette su una panca. Mentre beveva il caffè osservava la Fiesta. Notò che la glassa di cioccolato che la ricopriva aveva dei piccoli fori. Guardò meglio, attraverso la confezione trasparente, e vide alcuni piccoli vermetti marroni muoversi all'interno. " Cristo!" pensò " Ho in mano una Fiesta mobile! Nemmeno fossi Hemingway!". L'altoparlante gracchiò il suo nome, lui si alzò e si avvicinò alla porta d'ingresso delle Sale Operatorie. Una infermiera, di buone proporzioni e dai modi gentili, lo fece entrare e lo guidò lungo il corridoio. Giunti al fondo aprì una porta e lo spinse dentro ad una saletta dove erano in attesa due chirurghi pronti all'opera. La porta si chiuse alle sue spalle e i due gli fecero cenno di stendersi su di un lettino. Obbedì senza fiatare. Un attimo dopo aveva nel braccio un ago collegato ad una flebo e l'ultima cosa che vide fu il sorriso compiaciuto di un uomo disteso nel lettino al suo fianco. Quando si svegliò, parecchio tempo dopo, era di nuovo nel parco sulla panchina dove abitualmente, la notte, dormiva. La coperta che aveva addosso era leggermente macchiata di sangue. Sollevandola si rese conto della ferita che aveva sull'addome. " Ok..è andata..in fondo è come non l'avessi mai avuto." Mise la mani nelle tasche dei pantaloni. Da una estrasse un rotolo di banconote, dall'altra la Fiesta prelevata dal distributore. I vermi si erano moltiplicati. Ora che non aveva più lo stomaco poteva mangiarla.