sabato 19 maggio 2012

Il giorno delle bombole.

Sull'autobus viaggiavano assonnati e felici. Vi erano saliti poco prima, di buona mattina, per andare a scuola. Alla prima curva uno che occupava un posto nell'ultima fila, seguendo il naturale sbandamento del mezzo, si lasciò cadere sul sedile vicino dove stava seduta colei che segretamente amava. Lei non si scompose ma arrossì rapidamente. Alla seconda curva una ragazza di bell'aspetto si alzò in piedi e fece la migliore imitazione di campionessa di slalom speciale che si fosse mai vista. Alla terza curva gli unici fidanzati del gruppo si baciarono. Poi la strada divenne rettilinea e così proseguì fino a destinazione. Ogni tanto l'autobus si fermava per caricare qualcuno lungo la strada, nessuno scendeva. L'autista, un uomo bruno con un bel paio di baffi e la testa pelata, guidava sereno. Quando arrivarono a destinazione erano le sette di una bella mattina. Scesero disordinatamente facendo il naturale chiasso di chi è giovane e sa che ha tutta una vita davanti per smettere di far casino. I due fidanzati, rimasti avvinghiati per l'intero percorso, scesero per ultimi senza slacciarsi. Le ragazze, la maggioranza, si disposero in gruppo davanti al cancello raccontandosi i loro sogni, i pochi maschi si misero a discutere di calcio, i fidanzati si appartarono dietro ad un pilastro.
Ridevano tutti, felici di esser parte del mondo.
Ancora non sapevano che quello sarebbe stato il giorno delle bombole.

giovedì 17 maggio 2012

Correva l'anno.


Correva l'anno 1958 e mi apprestavo a vedere la luce. Non che lo volessi ma mi dissero, in risposta a precisa domanda, che mi sarebbe toccato vederla. Avendo già piuttosto sviluppata una discreta dose di lungimiranza, tentai di appellarmi ad ogni sorta di associazione per la protezione dei nascituri, all'epoca praticamente inesistenti, di modo che mi venisse concesso di poter nuotare, al caldo, in eterno. Non fu così. Restavano soltanto due giorni di tranquilla, comoda, pacifica vita prima di venire catapultato, in mezzo a milioni di altri disgraziati, nel mondo. Così preparai le valige, feci il biglietto di andata, quello di ritorno mi venne vivamente sconsigliato, era gratis ma io, ancora, non lo sapevo e mi portai verso la rampa di lancio. Quando arrivai al cancello ero solo, primo della fila e, dopo due ore, ero sempre il primo e l'unico. Il tempo non era dei migliori. Faceva freddo ed indossai un loden verde. Uno spermatozoo che, da anni, viveva in clandestinità da quelle parti mi informò che fuori era maggio e che avrei dovuto rivedere il mio abbigliamento. Non sapendo nulla di mesi e stagioni non gli diedi ascolto e ritenni più giusto mettere al collo la voluminosa sciarpa di lana, tipo ruvido, comperata poco prima, con lo sconto del 90%, ad uno dei negozi," Le belle ovaie " mi pare si chiamasse, dello scalo. Comprandola, vista l'offerta, pensai di aver fatto un grande affare ma appena vidi il retro dell'etichetta ebbi il sospetto di una fregatura. C'era scritto: " Bimbo, svegliati! Se pensi che una stupida sciarpa potrà proteggerti dalle intemperie che incontrerai la fuori sei proprio fottuto!" Naturalmente, sul momento, non capii il criptico messaggio e non gli diedi peso. Rimasi altri due giorni, da solo, in fila con me stesso, con le valige in mano davanti al Gate. Unica compagnia, per niente gradita devo dire, lo spermatozoo imboscato che non stava zitto un attimo fumando in continuazione. Quando si accese la luce rossa e qualcuno, a tradimento, mi infilò un razzo acceso nel culo, capii immediatamente che, la fuori, non sarebbe stato per niente facile. Partii ad una velocità supersonica, spinto, oltre che dal razzo, da una specie di tsunami fatto di acqua e sangue. Nuotavo disperatamente e per un attimo riuscii ad attaccarmi ad un qualcosa di turgido, proprio sulla soglia del cancello, che non conoscevo ma che poi, negli anni, avrei frequentato parecchio e con grande soddisfazione. Dondolai per un tempo che parve infinito, poi persi la presa e la corrente mi trascinò via. Ricordo ancora le ultime parole dello spermatozoo che mi urlava: " Vai! Vai coglione! Scusa la metafora ma sappi che io non ho colpa. Sono un disertore, io!".
Quando le acque si calmarono e giunsi, stremato, sulla spiaggia, il loden era completamente zuppo, la sciarpa tutta annodata al collo. Poco dopo, portata da un'onda anomala, una delle valige mi piombò sulla testa, l'altra non si trovò più.
Ad aspettarmi, sulla battigia, una signorina vestita di bianco con un cartello in mano.
Sopra c'era scritta una serie di numeri: 19.05.58 ma non erano per il Lotto.