sabato 23 giugno 2012

L'uomo che aveva caldo.

L'uomo che aveva caldo, fregandosene dell'opinione dei vari surgelati, aprì lo sportello del freezer e si buttò dentro. All'interno riconobbe un suo vecchio amico, del quale si erano perse le tracce molti anni prima, e volle complimentarsi con lui per l'ottimo stato di conservazione. Appena sotto all'amico c'era il vecchio nonno in costume da bagno ed un mezzo Toscano appeso alle labbra che, appena lo vide, prima gli chiese un posacenere e, subito dopo, disse che aveva urgente bisogno di recarsi al cesso. Ancora più sotto si trovava una lontana cugina completamente nuda, nota per la sua ninfomania che, appena ne sentì l'odore, cercò di saltargli addosso e, nel farlo, inavvertitamente, ma questo non è certo, venne deflorata da un totano gigante, che si trovava lì ormai da molto tempo ma ancora abbastanza caldo nonostante la temperatura. L'amplesso durò parecchio ed il freezer si surriscaldò.
L'uomo che aveva caldo decise allora di uscirne, mandò tutti quanti a fare in culo e si ricordò di possedere un vecchio ventilatore Marelli. Era certo di averlo messo, tempo prima, in un grande armadio piazzato in cantina. Di corsa fece le scale ed entrò nella cantina. Quando lo aprì, vide sua zia che si asciugava i capelli davanti al vorticar delle pale e lei, appena si accorse di lui, gli chiese subito se aveva, per caso, portato con se dei bigodini. Lui disse di si e sfilò quelli che aveva messo poco prima. Poi decise di tornare di sopra, nell'appartamento intriso di afa, spalancò le finestre ma da queste non entrò aria fresca bensì un nutrito gruppo di Watussi, un paio di leoni, alcune zebre ed un elefante che gli domandarono come si trovasse in Africa. Gentilmente li fece accomodare in salotto ma non rispose alla domanda. Si sedette davanti al televisore e puntò il telecomando. Lo schermo si illuminò rischiarando la stanza, il suo volto e quello dei suoi ospiti erano rapiti: in TV c'era la pubblicità di una scuola di sci estivo, in cima ad un ghiacciaio, naturalmente.

sabato 2 giugno 2012

Il passaggio a livello.



Il passaggio a livello era chiuso.
Appoggiato alla sbarra, in etilica attesa, un ubriaco. Dietro di lui nessuno.
Dopo un anno le sbarre erano ancora abbassate, l'ubriaco sempre lì. Dietro di lui la folla.
Al di qua del passaggio a livello si era creata una comunità, al di là c'era solo campagna.
Un, allora, giovane veneto, di cui non farò il nome, Giorgio, in procinto di intraprendere una vita dissoluta, giunse in bicicletta e, zigzagando tra la gente, si accostò all'ubriaco e gli strinse la mano. Poi passò sotto alla sbarra ed attraversò i binari. Il gesto non passò inosservato, l'intera comunità ne restò scossa. Il venditore di rose pakistano vide nell'insano gesto un grave pericolo per la sua attività, se tutti avessero fatto lo stesso chi avrebbe più comprato una rosa? Il prete ebbe improvvisa paura di non avere più nessuno all'ora della Messa già così poco frequentata, il proprietario del chiosco " La Cantinetta" temette di dover chiudere baracca e burattini e, soprattutto, colto dal terrore, cominciò a pensare a chi mai avrebbe potuto affibbiare le amate olive taggiasche made in china che accompagnavano gli aperitivi. Il folto gruppo di pensionati come avrebbe passato il tempo, senza spendere quasi nulla, se il chiosco avesse chiuso? Gli intellettuali a chi avrebbero dispensato il loro intelletto? I genoani dove sarebbero andati? Non certo a Napoli, dove qualcuno favoleggiava di un passaggio a livello chiuso da più di cinquant'anni, là c'erano solo napoletani, nemmeno gemellati. Le signorine grandi firme, e le signore grandi taglie, dove avrebbero consumato i loro caffè macchiati con latte caldo ma anche freddo? Ed il negro che con la sua enorme mazza suonava i tamburi contemporaneamente raccogliendo caucciù che fine avrebbe fatto?
A risolvere tutto ci pensò l'ubriaco. Pensando di poter imitare impunemente lo scaltro giovane veneto, di cui non farò il nome, Giorgio, si lasciò cadere a terra e strisciando decise di attraversare i binari proprio mentre sopraggiungeva l'unica Freccia Rossa che sarebbe mai transitata da quelle parti, naturalmente per un errore del macchinista. Dopo che l'intero treno, appunto veloce come una freccia, fu passato, del generoso etilista non rimaneva molto e quel poco venne subito coperto da mani pietose leggermente schifate, con fogli di giornale. Il giorno dopo, sulla cronaca locale nemmeno una riga. In fondo nessuno ritenne necessario portare il caso sul giornale visto che solo poche ore prima, il medesimo, vi era finito sotto. A seguito del malaugurato incidente il passaggio a livello restò chiuso in eterno e tutti vissero, al di qua, felici e contenti. Solo il giovane veneto, di cui non farò il nome, Giorgio, restò al di là. Ancora oggi è là, con la sua bicicletta, i baffetti da sparviero, con quella faccia da straniero, un po' pirata, un po' signore, protagonista dell'amore.