martedì 20 marzo 2012

Uno a caso.


Marta entrò nell'ascensore trascinando la borsa della spesa e la sua ansia. Fissò un poco la tastiera poi premette un bottone, quello più in alto. L'elevatore partì, destinazione ultimo piano, l'unico. Quando la corsa finì, le parve breve, troppo. Decise di rifarla. Tornò al pianterreno, le porte si aprirono dolcemente ma lei non si mosse. Una coppia di anziani chiese il permesso di entrare, lei disse - No, per favore. Devo pensare.- Le porte si richiusero soft, il tempo passò.
Due anni più tardi ci fu un maremoto ma in un altro posto, un'altra storia, lontana.
Un mese prima una lampadina, quella centrale, dell'immenso lampadario a gocce piazzato da sempre sopra la sua testa, si spense.
- Bruciata.- si disse.
I giornali riportarono la notizia, in prima ma anche in ultima pagina, con grande risalto, c'era poco da scrivere in quel tempo ma quel poco valeva qualcosa. A volte il niente è quasi tutto.
I vicini descrissero Marta come giovane brava ragazza anche se aveva cinquant'anni, fumava Toscani e portava, da sempre, solo pantaloni.
Un cugino pretese di avere in ricordo il suo conto in banca ma lei possedeva soltanto un libretto postale. Il cugino non lo seppe mai, il nonno ne rise. Lo fece soltanto per mostrare alla gente la nuova dentiera.
Il gatto riempì un sacchetto con scatolette di cibo per gatti e si mise in cerca di una nuova padrona. Non la trovò mai, le riserve finirono, i topi gli erano indigesti, morì di fame.
Venne trovato un mazzo di rose rosse, l'accompagnava un biglietto:- Ti amo! O meglio ti amerei se mi ricordassi chi sei. Purtroppo ho l'Alzheimer. Perdonami ma anche no, se vuoi.-
Alla fine qualcuno chiuse l'appartamento. Murarono la porta non accorgendosi che era quella dei coniugi Zanellato. Staccarono anche il campanello per evitare che qualcuno suonasse del jazz.
Passarono altre tre settimane, poi passò la quarta.
Il mese finì.
Era uno lungo trentuno giorni.
Uno a caso, forse marzo.

domenica 18 marzo 2012

L'aviatore.


Quel giorno decise di volare.
Prima di farlo volle mettere le cose a posto.
Cominciò facendo a pezzetti carta d'identità e scheda elettorale e le gettò nel camino. Mentre il fuoco riduceva in polvere i suoi effetti personali, andò in camera da letto, aprì e svuotò l'armadio quattro stagioni, tre erano completamente vuote, e tornò indietro con un mucchio di vestiti che lasciò cadere tra le fiamme. Poi ritornò sui suoi passi brandendo un'ascia e prese a colpire con forza l'armadio. Quando ebbe finito, del quattro stagioni non restava che un mucchio di pezzi di legno, praticamente un riassunto confuso, un puzzle impazzito di un intero anno, fino ad un attimo prima ordinatamente appeso a stampelle e accuratamente disteso, piegato in cassetti e ripiani. Bruciò tutto e nel farlo si sentì improvvisamente più giovane. Guardandosi nel grande specchio appeso in fondo al corridoio ne ebbe conferma. Era effettivamente ringiovanito almeno di dieci anni. Prese coraggio e continuò l'opera di distruzione di tutte le sue cose. Sfasciò tutto quanto gli era più caro, i dischi e il giradischi, la chitarra ed il pianoforte, strappò le fotografie, lacerò i quadri appesi alle pareti, ruppe la sua amata collezione di portauova e quella di tazzine da caffè che, testardamente, aveva messo insieme negli anni pur non avendo mai bevuto, in tutta la sua vita, un caffè. Non ne sopportava l'aroma. A lui piaceva il tè, quello con il filtro, come le sigarette, con una bella fetta di limone, naturalmente. Perse un po' di tempo pensando al tè e lo fece in inglese. Poi ricominciò a sfasciare tutto, partendo dalla cucina dove non si salvò nemmeno un accessorio, per giungere, a fine giro dell'appartamento, in bagno dove ci volle una certa forza per divellere i sanitari compresa la vasca da bagno.
Quando emerse da una nuvola di polvere, dando uno sguardo tutto intorno, capì di aver completato l'opera.
Si sentiva rinato.
Ora era pronto, poteva finalmente volare.
Cercò di muovere i primi passi verso l'ampia finestra del salone ma si accorse, con grande stupore, di non riuscire a camminare, anzi non stava proprio in piedi. Procedeva lentamente a carponi ed il corridoio gli pareva infinito. Le pareti erano altissime, le finestre lontanissime. Voltandosi notò lo specchio, ora enorme, in fondo al corridoio e vide se stesso riflesso. Nel vedersi, bambino, gli venne da urlare ma, dalla sua bocca spalancata, uscì solo un vagito stizzito. Poi, succhiando un pollice, si calmò.
- Effettivamente sono ringiovanito parecchio, forse un po' troppo - pensò.- OK, vorrà dire che ricomincerò tutto daccapo!-
E da grande?
- L'aviatore, naturalmente.-

mercoledì 14 marzo 2012

L'orco e l'architetto giapponese.




- Ci sono due ubriachi, quattro puttane, una maga indiana che si fida solo di Perlana.
C'è Tosca, c'è Fosca, su quella tenda una mosca.
C'è un appuntamento, un treno, un biglietto di sola andata per qualcuno. Una canzone triste suona, da un vecchio giradischi, in un appartamento.
C'è un cielo con due lune, un gatto, un matto, un cappellaio strano, strafatto, parla col vento e tutto quello che dice è un tormento:
" Lo vedi come il mondo sta cambiando, tu sogni e, intanto, lui sta girando."
La radio ha in onda il mare, il mare in un cassetto, mi rado e non mi pare che tutto sia perfetto.-
Così pensava l'orco sgranocchiando l'ultimo bambino cattivo mentre beveva il suo Martini. Quando ebbe finito, guardandosi in uno specchio, la bocca sollevò dal fiero pasto; gli piacevano parecchio le imitazioni e quella del Conte Ugolino era la sua preferita. Poco dopo digerì rumorosamente espellendo dalle fauci, leggermente arrossate a causa di un fastidioso mal di gola, un fiotto di sangue che tinse di un bel rosso vivo un'intera, bianchissima parete del moderno loft nel quale viveva. Lo aveva creato, appositamente per lui, un noto designer giapponese.
" Ecco quel che mancava!"- disse soddisfatto ammirando l'enorme macchia rossa che andava espandendosi sulla parete - "Sti cazzo d'architetti, designer del mengamanga, giapponesi. Ancora fissati con la new age, tutto bianco e toni del grigio. Porca puttana! Un po' di colore! Finalmente! E voleva pure che io lo pagassi. Sempre lì a strillare, a sventolarmi sotto il naso la fattura. Pure l'IVA pretendeva. Col cazzo, brutto muso giallo imbottito di sushi!".
Mentre urlava queste ultime parole venne colto da un certo languorino e si diresse verso lo spazio cucina dove c'era un enorme freezer. Alzò il coperchio, infilò un braccio e prese una gamba.
"Sarà perfetta, una volta scongelata, allo spiedo." - disse soppesando attentamente l'arto - " Patate al forno e germogli di soia per contorno. Innaffierò il tutto con del buon tè verde e dell'ottimo sakè a fine cena. Si, perfetto. Stasera si cena all'orientale. Giapponese, per la precisione.


martedì 13 marzo 2012

Alice nel paese delle maniglie.



Alice nel paese delle maniglie.
Che storia fantastica!
La protagonista, Alice Appunto, non appunto come appunto ma appunto come cognome, incontra sulla sua strada, che dire tortuosa è poco, ma anche in quella di altri, che definire di altri è inutile, infinite porte piene di maniglie di ogni foggia e colore, molte costruite proprio a Foggia alcune a Colore. La più bella di tutte viene da Katmandù, probabilmente l'ultima forgiata laggiù. Ogni porta è dotata di un centinaio di maniglie e solo una può aprirla. Alice Appunto le prova tutte, tutte e cento per ogni porta. Quando muove quella giusta, la porta cigolando scortese si apre su di un'altra porta e poi su di un'altra ancora e poi ancora e ancora e ancora. Lei non si stanca e continua, continua, continua.
Così, passando da una porta all'altra girando migliaia di maniglie, la fiaba si dipana, poi spiana ma dopo un po' ripiana.
Naturalmente, alla fine, tutti vissero felici e contenti.
Il lupo cattivo? Mangiato da Biancagreve ed i 7 nani alti. Dispiace, il povero animale non era previsto nella fiaba ma nessuno ha avuto il coraggio di far notare l'errore a Biancagreve e, soprattutto, ai 7 nani alti, notoriamente piuttosto laboriosi ma anche particolarmente suscettibili se presi di petto, ammesso che si riesca a trovarlo.
Il cacciatore? Cacciato.
La bella addormentata? Un' incurabile sognatrice.
Capuccetto Rollo? Una drogata.
Hansel e Bretel? Stilisti di accessori d'abbigliamento.
Il gatto con gli stivali? A rifare i tacchi.
Peter Pan? Invecchiato, con la barba bianca, lunga, incolta e sordo ad ogni campanellino.
Il Corsaro Nero? Perso nella notte buia.
Pinocchio? Meglio non dire.

Alice nel paese delle maniglie.
Che storia fantastica!