
giovedì 30 dicembre 2010
Buon Anno!

giovedì 23 dicembre 2010
Tanti auguri!!.

A proposito: TANTI AUGURI!!!.
martedì 21 dicembre 2010
Racconto di Natale.

lunedì 20 dicembre 2010
Il plastico.

mercoledì 15 dicembre 2010
Black Block.
Da bambino quando, con la famiglia, all'inizio degli anni '60, si era trasferito a Roma aveva in testa una sola idea, fare il clown. Si era innamorato del Circo un anno prima, in una sera d'estate, assistendo ad uno spettacolo dei Togni. Gli piacque tutto. I domatori, gli acrobati, i giocolieri, gli animali ma quello che veramente lo rapì fu l'allegria sgangherata di un gruppo di nani vestiti da pagliacci. Decise così che, un giorno non troppo lontano, sarebbe diventato uno di loro. Il fisico non l'aiutava, era alto quasi due metri ma, pensò, che se si fosse segato le gambe forse avrebbe potuto farcela. Un mese dopo suo padre lo sorprese con una sega in mano nel bagno e lo rimproverò di essere un pervertito vizioso. Lui non capì ma decise di abbandonare il sogno. La madre, una violinista dilettante monca, lo volle iscrivere al Conservatorio di Santa Cecilia ma lui la tradì e scambiò il Corso di Violino con quello del Timpano. Gli anni che seguirono videro un progressivo spopolamento del quartiere dove abitava, in particolare nel suo palazzo rimase solo la famiglia del portiere e quella del Rag. Uditori, marito, moglie e due figli, tutti sordomuti dalla nascita. Anche la Dolce Vita finì in quel periodo ma non è certo che esista una relazione tra quanto accadde e la sua pervicacia nell'esercitarsi. Il padre, esasperato e memore della scoperta fatta nel bagno qualche tempo prima, gli regalò una sega elettrica circolare sperando che il figlio ne facesse buon uso. Non fu così. Il ragazzo ormai era completamente invasato da uno spirito percussivo degno di un capo tribù dell'Africa più nera e pestava sugli enormi tamburi in continuazione. Si diplomò due anni dopo, in anticipo. La direzione del Conservatorio decise di accorciare il suo corso per disperazione e, un attimo dopo avergli consegnato l'attestato con caldi ma frettolosi complimenti per l'abnegazione dimostrata ed il livello raggiunto, gettarono i timpani da studio, dopo averli accuratamente distrutti, nella discarica Comunale. Due settimane dopo ricevette la cartolina di precetto per la Leva Militare. Lo destinarono in Marina. Lui fece domanda per entrare nella Banda della Marina Militare e la sua richiesta fu accolta. Il comandante del reparto, un colonnello che amava Nilla Pizzi, il giorno della prima prova gli chiese di fare una rullata. Lui partì e non riuscirono più a fermarlo. Ci vollero due cacciabombardieri decollati dalla portaerei ormeggiata al largo di Taranto per abbatterlo. Due giorni prima aveva avuto un frettoloso, rombante incontrò con una signorina che amava gli uomini in divisa. Da quei due minuti di vibranti effusioni nacque, nove mesi dopo, un fantolino dal carattere nervoso. La madre, in memoria del padre, volle chiamarlo Black. Quando crebbe, gli amici teppisti che frequentava, ci aggiunsero Block. Negli anni si specializzò nel rompere tutto quello che gli capitava a tiro. In particolare amava bruciare i cassonetti dell'immondizia. Oggi è un solerte funzionario dello Stato, impiegato presso il Ministero agli Interni, con delega allo smaltimento dei rifiuti.
domenica 12 dicembre 2010
Mondo difficile.

venerdì 10 dicembre 2010
Stanze.
Andrea, cercando di orientarsi tra il niente e il tutto, decise di diventare infermiere. Scambiò la chitarra per una siringa e divenne un mago delle iniezioni.
Lucia mise da parte l'idea di attraversare un deserto ed aprì un negozio di sabbie colorate.
Giorgio rinunciò alla boxe, appese i guantoni ad un chiodo e nel farlo si pestò un dito pollice con il martello.
Massimo andò sulla collina, sotto il grande albero e si mise ad osservare le formiche.
Nella stanza della luna le sirene sono bellissime.Paolo, in un ascensore fermo ad un passo dal cielo, chiamò le nuvole.
Ester, sorpresa nuda in un camerino di un grande magazzino, si dichiarò soddisfatta.
Ulderico volle cambiare nome. Fece domanda all'Ufficio Anagrafe ma gli dissero che gli altri nomi erano esauriti.
Penelope, un transessuale che era in fila dietro di lui, gli propose uno scambio. Ulderico non accettò perchè da sempre aveva paura dei ragni.
Nella stanza del sole le lampade abbronzanti risultavano spente.
Gianna strappò il suo bikini e si esibì in una sfrenata danza del ventre ma era così magra che nessuno se ne accorse.
Mario vendette l'ultima motosega ad un maniaco omicida che subito volle provarla su di lui. Dopo firmò un assegno intingendo una stilografica nel sangue. Pare che la Banca lo abbia rifiutato per "mancanza dei decimali ".
Antonio servì un bicchiere di Rossese ad una cliente che subito lo rovesciò su di una tendina. Nacque una rissa e, dopo poco, anche una russa. Piccola. La moglie non volle sentir ragioni e chiese il divorzio.
Nella stanza del mare c'è solo un cassetto.
Qualcuno, non ricordo chi, si fermò ad Emboli. Qualcun'altro lo vide e chiamò un'ambulanza.
L'autolettiga giunse veloce. Dalla sirena spiegata un pezzo di Little Tony, Cuore matto. L'ossigeno non servì a niente. Morirono tutti felici e contenti.
venerdì 3 dicembre 2010
Rivolta di massa.

La vita va.
Lui, stringendola a se, la baciò credendo di arrestarne il volo.
Si sbagliava.
Poi s'infilò la giacca ed uscì.
Prese la bicicletta e pedalando all'indietro giunse al mare.
- Felicità? Ci si arriva a nuoto. - pensò.-
E' difficile resistere al mercato. La vita va. - concluse.
Mentiva.
giovedì 2 dicembre 2010
Qualcuno.

" Guardo fuori ma non vedo niente. Sarà perchè le persiane sono chiuse? "
martedì 30 novembre 2010
Edoarda.

lunedì 29 novembre 2010
Stella cadente.

mercoledì 24 novembre 2010
La telefonata.

Ascolto la telefonata mentre raccolgo la pioggia con il colapasta.
martedì 23 novembre 2010
Senza stivali.

Così rientrò a casa a zampe nude. Appena dentro tirò fuori dalla tasca il cellulare e chiamò l'Agenzia di Viaggi di Alice e le confermò che avrebbe portato solo un piccolo bagaglio a mano nel Paese delle Meraviglie.
sabato 20 novembre 2010
Punti fedeltà.

Ricordi? Così per sempre vivere, dicevi. Portavi sulla bocca parole leggere ed in centro la tua pelle. Le tue scollature ferivano mortalmente, i tuoi denti scintillavano furore. Ora spingi un carrello sempre troppo pieno nei supermercati in cerca di offerte promozionali, apparecchi la tavola allineando perfettamente le posate, voti a sinistra con la mano destra. La sera entri nel letto in modo ordinato e al mattino ti svegli senza aver stropicciato le lenzuola. Che fine hai fatto Mademoiselle baciatemi e scordatemi? Oggi è domenica e conterai i punti fedeltà. Ne mancheranno solo un milione per vincere un pezzetto bello tondo di cielo d'estate.
venerdì 19 novembre 2010
Seicento secondi.
Da dieci minuti è passata la mezzanotte. Da dieci minuti un nuovo giorno è cominciato. Dieci minuti fa era un po' più giovane. Ora è un po' più vecchio: dieci minuti in più. Seicento secondi, seicento battiti. Contati uno ad uno, con attenzione, con timore. La luna è uno straccio bianco appeso al vetro, un alone, una macchia nel cielo. La polvere è lì, sul vassoio d'argento. In attesa. Non ci resterà molto. Bianca come la pelle di questa notte, come la neve dell'altro ieri. Scendeva copiosa, fiocchi soffici, quasi caldi. Un mistero per un posto adagiato sul mare. Nel mese di agosto, i bagnanti vocianti con doposci ai piedi. Poi tutto è tornato normale. La spiaggia dorata, i pattini nell'acqua salata, le ragazze in bikini. Ombrelloni, sdraio, lettini, creme, secchielli, palette, bambini, bagnini e il vecchio juke-box che tanto ha fatto sognare.
Seicento secondi, seicento battiti. E' tempo di spolverare.
Seicento secondi, seicento battiti. E' tempo di spolverare.
giovedì 18 novembre 2010
Mare immobile.

martedì 16 novembre 2010
Cartolina.

lunedì 15 novembre 2010
Inverno.
Il chimico posteggiò la cinquecento L, spense il motore, aprì la portiera e scese. Camminando lungo il bordo della strada giunse ad una fermata del filobus dove decise di fermarsi ad aspettare l'inverno.
Il vegetariano sovrappeso si guardò nudo allo specchio e si vide troppo grasso. Poco dopo, con abiti da jogging, correva lungo il bordo della medesima strada. Arrancando raggiunse la pensilina della fermata del filobus, vi si appoggiò ansando e decise di fermarsi ad aspettare l'inverno.
Il geometra volò da casa all'areoporto a bordo della sua decapotabile ascoltando musica rock. Senza bagaglio si diresse al check-in, regolò le pratiche d'imbarco e si avviò verso il Gate 3 dove l'attendeva un Boeing 747 per Cuba. Passando davanti ad un bar dell'aereostazione decise di sedersi ad un tavolino per bere un drink. Ordinò un Cuba Libre e si sedette. Guardando attraverso la grande vetrata che dava sulla pista di decollo vide l'aereo che aspettava. Sorrise stringendo il bicchiere raffreddato dai cubetti di ghiaccio, poi lo avvicinò alle labbra, ne assaporò il contenuto e si addormentò sognando di aspettare l'inverno.
Il batterista gettò nella discarica il suo strumento ed una bacchetta, l'altra la tenne per ricordo. A causa di un enorme buco nella memoria decise di smettere con la musica. Tornato a casa, lisciò il pelo al gatto e si distese sul divano. Con gli occhi aperti fissi al soffitto pensò ai suoi due figli ormai grandi e li vide correre nel sole dell'estate. Si dissse soddisfatto per come aveva contribuito a crescerli, chiuse gli occhi ed aspettò l'inverno.
L'albergatore comparve dietro la porta dell'ascensore che si apriva sulla hall ormai vuota. Da tempo l'albergo era chiuso e l'unico cliente era il suo grosso cane che sonnecchiava sdraiato su di un tappeto persiano proprio nel mezzo della sala. Un grande peluche di Snoopy, dal banco ricevimento, lo fissava. Attraversò la hall sbirciando il cane che non scodinzolò e, ignorando l'amico di Charlie Brown, aprì la porta ed uscì sul lungomare. Il mare era mosso, si udiva il violento frangersi delle onde. Attraversò la strada e mise i piedi nudi sulla sabbia. Lentamente, passo dopo passo, si avvicinò alla battigia. Quando le dita toccarono l'acqua si lasciò cadere e trasportare dalla corrente. Galleggiando con gli occhi rivolti al cielo andò incontro all'inverno.
Lo scrittore pensò a loro ed ad altri avvolto dalle volute blu dell'ultima sigaretta di una notte piena di fumo. A loro dedicò i suoi pensieri e un gesto della mano. Poi spense la luce ed andò a dormire. Era inverno ma non se ne accorse.
Il vegetariano sovrappeso si guardò nudo allo specchio e si vide troppo grasso. Poco dopo, con abiti da jogging, correva lungo il bordo della medesima strada. Arrancando raggiunse la pensilina della fermata del filobus, vi si appoggiò ansando e decise di fermarsi ad aspettare l'inverno.

Il batterista gettò nella discarica il suo strumento ed una bacchetta, l'altra la tenne per ricordo. A causa di un enorme buco nella memoria decise di smettere con la musica. Tornato a casa, lisciò il pelo al gatto e si distese sul divano. Con gli occhi aperti fissi al soffitto pensò ai suoi due figli ormai grandi e li vide correre nel sole dell'estate. Si dissse soddisfatto per come aveva contribuito a crescerli, chiuse gli occhi ed aspettò l'inverno.
L'albergatore comparve dietro la porta dell'ascensore che si apriva sulla hall ormai vuota. Da tempo l'albergo era chiuso e l'unico cliente era il suo grosso cane che sonnecchiava sdraiato su di un tappeto persiano proprio nel mezzo della sala. Un grande peluche di Snoopy, dal banco ricevimento, lo fissava. Attraversò la hall sbirciando il cane che non scodinzolò e, ignorando l'amico di Charlie Brown, aprì la porta ed uscì sul lungomare. Il mare era mosso, si udiva il violento frangersi delle onde. Attraversò la strada e mise i piedi nudi sulla sabbia. Lentamente, passo dopo passo, si avvicinò alla battigia. Quando le dita toccarono l'acqua si lasciò cadere e trasportare dalla corrente. Galleggiando con gli occhi rivolti al cielo andò incontro all'inverno.
Lo scrittore pensò a loro ed ad altri avvolto dalle volute blu dell'ultima sigaretta di una notte piena di fumo. A loro dedicò i suoi pensieri e un gesto della mano. Poi spense la luce ed andò a dormire. Era inverno ma non se ne accorse.
domenica 14 novembre 2010
L'equilibrista.

A me è successo così. Ero solo, sballottato dalle onde, coperto di sale. Stremato stavo per affogare poi tutto si è fermato ed oggi sono qui a guardarlo passeggiare. Non so se sia stato lui, l'equilibrista, a salvarmi, ma mi piace pensarlo.
Si, potete pensare che io sia pazzo. Non è così.
giovedì 11 novembre 2010
Giovanna.

Giovanna, seduta sulla riva con i piedi nell'acqua e il sole negli occhi, osservava le foglie trascinate dalla corrente del fiume.
martedì 9 novembre 2010
Marchionne.

Qui finì il sogno e, come si dice, tutto bene quel che finisce bene.
lunedì 8 novembre 2010
La locomotiva.

“Sai che essere una locomotiva, in fondo, non è poi male per un uomo. Ti da un senso di onnipotenza e poi si viaggia. Si va, si torna, belli, precisi. Su bei binari lucenti, scintillanti. Insomma una gran bella, sana, vita!” – Il professore filosofeggiava e l’emiliano locomotore sbuffava. Poi commise un errore, si addentrò in un eloquio sulla modernità, su quanto fascinoso fosse rullare su binari sospinti dalla forza motrice generata dalla corrente ad alta tensione, sulle nuove frontiere dell’alta velocità e via discorrendo. Si udì una voce cavernosa, leggermente alterata, che riempì il vuoto della stanza. “ Io sono una locomotiva alimentata a carbone…Stronzo!” Sullo stronzo, due mani grandi come badili, a forma di tenaglia, si strinsero al collo del piccolo professore di Samarcanda. Ci vollero quattro energumeni vestiti di bianco per liberarlo da quel simpatico abbraccio.
sabato 6 novembre 2010
Walter.

Poi solo silenzio. Anche la segreteria smise di frusciare. Walter pigiò il pulsante e tese le orecchie. Le tese così tanto che si raddoppiarono in grandezza ma non udì nulla. Si disse che qualcuno probabilmente malediva la sua diversità. Forse non a tutti piaceva la sua abitudine di masticare lucertole e, osservando Dio, si inventò la felicità.
mercoledì 3 novembre 2010
Disteso sull'erba.
Disteso sull'erba, all'ombra di un tiglio, aspettavo una Primavera. Venne, seguita a ruota da un motorino con in sella un ragazzino che mi guardava con sospetto. Dissi " Ciao.." e tutto cominciò. Montando su quella Vespa condotta da un sogno lo osservai. Magro, capelli ricci leggermente scapigliati, con gli occhi infuocati di chi sa che qualcun'altro, venuto da Marte, gli ruberà il suo di sogno. Guidava il Benelli tre marce con la distrazione dell'innamorato e la furia di uno scienziato. Oggi è un umanista e forse furono quelle stradine di campagna, quelle curve scivolose, quelle salite e discese percorse anche di notte sotto milioni di stelle durante quella fiabesca estate a farlo derapare verso lidi frequentati da poeti e scrittori. Procedevamo spediti, circondati da odorosi prati, sulla tortuosa salita che portava alla Canonica. La mia autista era provetta e spericolata motociclista figlia di un motociclista, lui restava in scia cercando di non sbagliare nello scalare le marce. Arrivammo ridendo felici e la Primavera si spense. Scendendo mi voltai e lo vidi sgommare sgasando via. Lo salutai con la mano ma lui non se ne accorse, era già lontano. La sera dopo lo rividi e conobbi il suo nome. Giocammo a bocce, ma questa è un'altra storia.
martedì 2 novembre 2010
Jesus.

Batman
Da tre mesi sono ospite in una pensione nel quartiere del porto.Nella stanza vicino alla mia vive da due anni un transessuale che batte sui controviali intorno alla stazione e, una notte sì e l’altra anche, torna pesto, ma lui dice che in fondo non gli dispiace perchè è nato a Genova. Humor tipicamente anglosassone e si sa che i genovesi adorano l’Inghilterra. Si chiama Antonio, ha la barba, ma per tutti è la Roberta. Ogni volta che mi incontra, sorride e mi chiama amore. Io lo mando regolarmente a fanculo e lui risponde che, pur non sapendolo, sono un buongustaio e se ne va sculettando, emettendo una serie di sospirati gridolini, inseguita da un secondo fanculo condito da un troia. Nella stanza dirimpetto al cacatoio, abitava, da non so quanto tempo, un vecchio che, si dice, avesse lavorato come nano, anche se era alto circa un metro e ottanta, al circo di Darix Togni.
Si chiamava Andrea, ma per tutti era Batman, non perchè facesse numeri acrobatici, ma a causa del tremore che gli procurava il morbo di Parkinson, che lo aveva colpito e gli faceva battere le mani. Circa un mese fa gli regalai delle bacchette da batterista che avevo rubato in un bar dove suonavano spesso del jazz e lui si trasformò, dotato di temperamento artistico com’era, in un novello Max Roach, fracassando tutto ciò che trovava sulla sua strada. Batman era davvero incredibile. Un giorno qualcuno gli disse che, con un nome simile, avrebbe sicuramente potuto volare e lui si gettò dalla finestra del terzo piano, agitando le bacchette e, dopo avere sfondato la tettoia in plexiglass della lavanderia a gettoni sottostante, andò in mille pezzi. Si dice, che le mani intrise di Parkinson, come la coda mozza di una lucertola, continuarono a muoversi, per qualche minuto, suonando un ritmo in levare.
Si chiamava Andrea, ma per tutti era Batman, non perchè facesse numeri acrobatici, ma a causa del tremore che gli procurava il morbo di Parkinson, che lo aveva colpito e gli faceva battere le mani. Circa un mese fa gli regalai delle bacchette da batterista che avevo rubato in un bar dove suonavano spesso del jazz e lui si trasformò, dotato di temperamento artistico com’era, in un novello Max Roach, fracassando tutto ciò che trovava sulla sua strada. Batman era davvero incredibile. Un giorno qualcuno gli disse che, con un nome simile, avrebbe sicuramente potuto volare e lui si gettò dalla finestra del terzo piano, agitando le bacchette e, dopo avere sfondato la tettoia in plexiglass della lavanderia a gettoni sottostante, andò in mille pezzi. Si dice, che le mani intrise di Parkinson, come la coda mozza di una lucertola, continuarono a muoversi, per qualche minuto, suonando un ritmo in levare.
lunedì 1 novembre 2010
Pensiero stupendo.

sabato 30 ottobre 2010
Cado dal cielo.
Cado dal cielo, è solo un po di me che se ne va. Passa un aereoplano sotto ai miei piedi, alle mie braccia, alla mia testa, al mio corpo capovolto. Da un oblò un bambino mi fa ciao con la mano, non c'è il tempo per rispondere al saluto. Volo, ripasso gli accordi, carico la pistola. Scivolo tra le nuvole. Rivoglio il controllo, le mie ali nere. Rivoglio quello che non c'è. Meraviglioso come a volte quello che non sembra non c'è. Ora l'alba è musica, nessun ricordo. Adesso è facile. Molecole e metodo. Accordi su accordi, me l'hai insegnato tu. Suonerò per te, per te che sai ascoltare e anche per me che viaggio senza mai partire. Faccio addestramento. Vengo da un errore ma posso ancora osare. Cado dal cielo. Prendimi, se puoi.
venerdì 29 ottobre 2010
Nella città spenta.

domenica 24 ottobre 2010
Hai visto?
Questo mondo è tremendo, tutto va veloce, non c’è mai un attimo di respiro. Ma hai visto la televisione, quante
disgrazie, pieno di morti, dappertutto. Ma hai visto il traffico, non si può più andare in giro. Ma hai visto
il calcio cosa è diventato, tutti quei miliardi, le veline con i calciatori, è pazzesco. Ma hai visto la politica e poi anche il cinema, l’educazione, non c’è più religione. Ma hai visto come cambiano le cose, ma hai visto..........
- No, guarda, io non ho visto un bel niente, sono cieco, da sempre ! Ma va a fanculo, va !.-
disgrazie, pieno di morti, dappertutto. Ma hai visto il traffico, non si può più andare in giro. Ma hai visto
il calcio cosa è diventato, tutti quei miliardi, le veline con i calciatori, è pazzesco. Ma hai visto la politica e poi anche il cinema, l’educazione, non c’è più religione. Ma hai visto come cambiano le cose, ma hai visto..........
- No, guarda, io non ho visto un bel niente, sono cieco, da sempre ! Ma va a fanculo, va !.-
sabato 23 ottobre 2010
Va bene così.

Da ragazzo ero convinto che le strade fossero tutte belle diritte; col tempo ho imparato che non è così.
Il mare, oggi, ha un colore diverso. Va bene così.
venerdì 22 ottobre 2010
Il vuoto.
Il vuoto è affascinante, vicino, pauroso,distante.
Il vuoto/in quanto tale/lo puoi riempire, valutare,osservare.
Il vuoto è fisico e metafisico/è iperbole,allegoria,metafora.
Il vuoto è tutto o niente:
Il vuoto lo lascia chi va via dalla sua gente.
Il vuoto spesso è solo un buco/dove ficcare naso, lingua, dita.
Il vuoto è vortice, risucchio/ di anime, di vita.
Il vuoto è un insieme di vedute/e nuoce gravemente alla salute.
martedì 19 ottobre 2010
Lucciole.

Regolo.
Lo vedevo passeggiare nelle sere d'estate lungo la strada di mattonelle rosse affacciata sul mare, oppure mentre aspettava il filobus per andare al Casino, o dalla spiaggia mentre passava con la sua piccola barca a vela. Sempre ben vestito, elegante nel portamento, bello sia in costume da bagno che con un Panama in testa. Quando lo incontravo non provavo rabbia anche se, forse, avrei dovuto. Non riuscivo ad odiarlo, avevo solo due anni quando se ne andò, praticamente non lo avevo mai sentito mio padre. Così quando capitava a tiro, cercavo di studiarlo, di capirlo. Ero curioso. Di lui sapevo poco: geometra, diploma conseguito a Mondovì in Istituto gestito da religiosi, figlio di un dirigente della rete elettrica, ex partigiano, grande giocatore. Così, un giorno, decisi di incontrarlo. Sapevo dove abitava e suonai alla porta. Lui aprì e, nonostante fossero passati anni dall'ultima volta che ci eravamo visti, mi riconobbe. Mi chiamò per nome, mostrandosi leggermente sorpreso, e con un malcelato imbarazzo mi disse di entrare. L'appartamento era semplice ed ordinato ed aveva una piccola saletta dove c'erano due poltrone di pelle e un tavolino con sopra il telefono ed alcune riviste. Ci accomodammo studiandoci un poco e poi conversammo. Chiesi della sua salute, avevo saputo dei suoi problemi di cuore, lui disse che non era nulla di grave e che tutto era sotto controllo. Mi domandò che facevo, se studiavo o lavoravo e quando dissi che ero Agente di Commercio non fece salti di gioia. Disse che era un mestiere difficile e poco sicuro e mi offrì di lavorare nella sua Agenzia Immobiliare. Io rifiutai senza offenderlo e lui disse: "Pensaci." Poi mi offrì un caffè. Dopo il caffè mi offrì la sua barca a vela, dopo avermi chiesto se amavo il mare, tanto lui non la usava più ed era abbandonata al portocanale coperta da un telo e non voleva venderla. Gentilmente di nuovo rifiutai dicendo che non avrei saputo che farne dato che non sapevo andare a vela. Infine mi chiese se avevo una moto. Dissi di no e allora mi propose di prendere in regalo il suo motorino, un Califfo 50 ed io pensai che solo lui poteva avere un motorino con un nome come quello. Ancora lo ringraziai ma dissi no. Ci guardammo un attimo negli occhi, lui sorrise e chiese: " Ti piace l'azzardo?"- " Dipende." dissi io. "Intendo il gioco.." fece lui. "No" risposi. " "Bravo! Non ti fare mai tentare. Guarda me. Ho perso una famiglia a causa di questo maledetto vizio.". Poi sospirò un attimo e guardandomi con attenzione, forse cercando qualche particolare che potesse assomigliargli, si avvicinò, posò la mano destra sul mio ginocchio sinistro e disse con voce soave:" Però se dovesse mai capitarti di entrare anche per sbaglio in un Casino e dovessi passare davanti ad un tavolo della roulette giocati questa sestina, è magica." ed elencò la serie di numeri. Restammo qualche attimo in silenzio fissandoci negli occhi. Dopo ci alzammo e lui mi accompagnò alla porta ringraziandomi della visita. Ci salutammo sulla soglia ed uscii. Appena l'uscio si chiuse dolcemente dietro le mie spalle cercai di ricordarmi quella serie di numeri ma, come per magia, erano spariti dalla mia mente. Avevo già dimenticato.
sabato 16 ottobre 2010
Lacrime.

Io la guardo e non so perchè non riesca a sussurrarle parole d'amore.
Dovrei, vorrei, potrei ma non riesco.
Lei piange.
Io la guardo e non so perchè le stia sussurrando parole d'amore.
Non dovrei, non vorrei, non potrei ma ci riesco.
Lei piange.
Io la guardo con occhi gonfi di lacrime, disperati.
Non dovrei, non vorrei.
Almeno capissi perchè.
giovedì 14 ottobre 2010
Le Fiabe di Miss Condom.
C'era una volta una piccola testa di cazzo, insomma una come voi, che non sapeva nuotare.
Un giorno, bello o brutto che fosse, si trovò in riva ad un grande, grigio lago. La nostra piccola testa di cazzo doveva attraversarlo quel lago e la cosa la preoccupava non poco.
" Come farò ad arrivare sull'altra sponda?!" pensava " Non vedo imbarcazioni, nemmeno un canotto ed io non so nuotare.." Mentre pensava, pensava, le ore passarono e si fece buio. Venne la notte, una notte scura scura senza nemmeno una stella nel cielo.
Ad un certo momento il buio fu squarciato da una luce potente che avanzava fendendo l'oscurità accompagnata dal rombo di un motore. Era un'automobile. Si udì uno stridio di freni, luce e motore si spensero e tutto tornò nel buio. Un attimo dopo l'auto prese a sussultare, dall'interno provenivano gemiti e dopo tre minuti qualcuno aprì un finestrino e una mano bianca lasciò cadere un pezzo di plastica, umido e viscido, proprio sopra la nostra piccola testa di cazzo. L'auto si mise in moto e se ne andò. La nostra piccola testa di cazzo notò che la plastica era quasi della sua misura, solo un poco più grande. Allora la calzò a modo di tuta da sub, si avvicinò alla riva e si lasciò scivolare nell'acqua. Timidamente fece un paio di bracciate e si accorse che galleggiava. Felice e vedendosi già dall'altra parte del lago, nuotò con più vigore certa di aver risolto il problema. Per sua sfortuna passava di lì un feroce pesce minchione che ne fece un sol boccone.
Bene, piccole teste di cazzo, la storia è finita. Ora tutti a letto e senza sputare..
.
Un giorno, bello o brutto che fosse, si trovò in riva ad un grande, grigio lago. La nostra piccola testa di cazzo doveva attraversarlo quel lago e la cosa la preoccupava non poco.
" Come farò ad arrivare sull'altra sponda?!" pensava " Non vedo imbarcazioni, nemmeno un canotto ed io non so nuotare.." Mentre pensava, pensava, le ore passarono e si fece buio. Venne la notte, una notte scura scura senza nemmeno una stella nel cielo.

Bene, piccole teste di cazzo, la storia è finita. Ora tutti a letto e senza sputare..
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mercoledì 13 ottobre 2010
Ti guarderò per sempre.
lunedì 11 ottobre 2010
Persi.
Persi in questo mare nero, terribile
Che corrode il corpo e succhia l'anima.
Distanti anni luce dalla luce, dal possibile
Fendiamo il buio con una lacrima.
Vicini di stanza della signora delle tenebre
Stringendoci le mani ripareremo dal freddo
Accarezzandoci il viso allontaneremo il soffio gelido
Sfiorandoci le labbra nuoteremo fino alla bianca rena dell'ultimo, infinito lido.
Che corrode il corpo e succhia l'anima.
Distanti anni luce dalla luce, dal possibile
Fendiamo il buio con una lacrima.
Vicini di stanza della signora delle tenebre
Stringendoci le mani ripareremo dal freddo
Accarezzandoci il viso allontaneremo il soffio gelido
Sfiorandoci le labbra nuoteremo fino alla bianca rena dell'ultimo, infinito lido.
domenica 10 ottobre 2010
Masai.

“ Guarda.. se domani mi reciti l’inizio del Capitale di Marx, ti compro tutto il mazzo. Oppure il libretto Rosso di Mao. A tua scelta. Giuro che te lo compro. “ Il pakistano, o l’indiano, non capisce, annuisce, vaffanculisce. Lui di rosso ha solo alcune rose e i pantaloni che indossa.
sabato 9 ottobre 2010
Pillole.
Amore, voglio baciarti per sempre..
Va bene..quando esci lascia le tue labbra sul comodino.
Non ho mai amato nessuno come amo te.
Appunto..lascia perdere
Ok. Ma non esagerare..vorrei vivere ancora per un po’.
Hey baby..sei insaziabile..prendiamoci una pausa..
Hai ragione amore e poi ho una gran sete..permetti?..
No..Cristo..ho finito lo sperma!
Sai caro, il mio sogno erotico ricorrente è di fare all’amore con più uomini contemporaneamente.
Beh..io sono solo..ma mi sono reincarnato già sei volte.Ciao amore..sei unico..è stato bellissimo…ora , però, devo andare..ci vediamo domani pomeriggio qui da te?
Ok..se vuoi puoi lasciare qualcosa di tuo qui..che ne dici di cinquecento euro?
Baby..ti adoro e mi piaci un casino..però potresti, ogni tanto, farti la barba?..
E’ stato fantastico!..Non avevo mai goduto così tanto!..Sei un uomo meraviglioso!..
Sono una donna e mi chiamo Paola.
Mi ami?
Direi di si..
Mi sposeresti?
Direi di si..
E mi ameresti per tutta la vita?
Pensi di vivere a lungo?
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