giovedì 23 dicembre 2010

Tanti auguri!!.

    Babbo Natale, una volta finito di caricare di doni la slitta, passò in Direzione dove gli venne consegnato il Libro degli Indirizzi dei Buoni. Unitamente, in una apposita busta color oro, gli diedero il nome del luogo e della famiglia presso la quale avrebbe dovuto svolgere l'annoso e poco piacevole compito di infilarsi in un camino per consegnare di persona ai fortunati prescelti quanto spettante come da elenco allegato. Da qualche anno andava così a causa della crisi economica mondiale. Il Governo di Natalilandia aveva deciso tutti i tagli possibili alla spesa pubblica e anche i costumi di Babbo erano stati ridotti a solo due da utilizzare con parsimonia. Così si era deciso di estrarre a sorte una sola famiglia nel mondo che avrebbe avuto il privilegio di vederlo scendere dal camino. La decisione, a differenza di molte altre, fu accolta con favore dal Sindacato del Babbo di cui Natale era peraltro l'unico iscritto e rappresentante. Ritirate le consegne, Babbo mise il tutto in una borsa di pelle di renna, salutò augurando a tutti un Buon Natale e sghignazzando uscì nella tormenta di neve. Salì sulla slitta e prima di mettersi al posto di guida estrasse dal mobile bar una bottiglia di Vodka purissima che scolò in un attimo. Poi lanciò il vetro in testa alla prima della fila delle renne che partì al galoppo trascinandosi dietro il resto della muta per decollare con successo poco dopo. Babbo Natale inserì nel pilota automatico i dati di navigazione destinazione " Bergum De Ura ". Il luogo gli era completamente sconosciuto. " Certamente si tratta di qualche villaggio sperduto nel Centro dell'Africa. Roba di capanne di fango e riti wudù." pensò " Speriamo che 'sti selvaggi abbiano almeno un po di buona acquavite." concluse prima di addormentarsi con il cappello calato sugli occhi. Durante il viaggio sognò di trovarsi su di una spiaggia delle Maldive, tra le braccia di una bellissima, giovane indigena che mentre lo accarezzava ovunque lo chiamava, sospirando, Babbino mio. Un atterraggio non dei migliori lo svegliò bruscamente. Lui si adirò, scese e, dopo aver staccato con un morso un'orecchio della renna pilota, diede un'occhiata intorno. Strano non c'erano Zulù nei pressi, ne capanne. Nemmeno un cane. Anzi no uno c'era. Stava dietro il cancello di un'anonima villetta a schiera immersa in una fetida nebbia. Un Rotweiler incazzato come non mai che abbaiava e ringhiava in modo assordante. Per non rovinare la sorpresa alla famiglia Brambilla che abitava in quella casa, di cui aveva appreso il nome aprendo la busta d'oro, diede alla bestiaccia una polpetta avvelenata a base di cassola e riso alla milanese. Il cane la inghiottì in un sol boccone cadendo a terra fulminato un attimo dopo. Tornato il necessario silenzio, Babbo prelevò dal bagagliaio della slitta i doni per i Brambilla, li mise in un sacco di Vuitton e cominciò la scalata. Giunto sul tetto con una certa fatica, gli anni cominciavano a pesare, individuò il camino e vi si infilò. Quando giunse a terra e fece per dirigersi lentamente verso l'albero di Natale, che era nel centro della stanza splendidamente addobbato ed illuminato, in un attimo si trovò circondato da un gruppetto di persone in pigiama con dei randelli in mano che iniziarono a picchiarlo selvaggiamente urlando " Dagli al neger!!" all'impazzata. Purtroppo scivolando lungo la canna fumaria si era completamente ricoperto di fuliggine ed effettivamente, pur non volendo minimamente giustificare quei padani poco ospitali, lui stesso si rendeva conto di assomigliare molto di più ad un Mandingo ad Oslo che ad un Santa Klaus canonico. Quando il nonno dei Brambilla, leghista di prima generazione, accese la luce chiedendo agli altri se fossero riusciti ad ammazzare il neger, tutti si resero conto del terribile errore. Il geometra Brambilla, a nome di tutta la famiglia, si disse rammaricato e fece le più sentite scuse. La signora chiese al Babbo se volesse, per tirarsi un po' su, un dito di Grappa e gli porse la bottiglia. Babbo la prese al volo, strappandogliela di mano, e la finì in un secondo. Gli occhi divennero di brace, i muscoli si gonfiarono a dismisura, il costume esplose e andò in mille pezzi. Ci fu un momento di spaventoso silenzio. Qualcuno spense la luce, subito dopo l'albero. Nel buio più assoluto si udì un urlo straziante. Quando la luce tornò Babbo Natale era scomparso e con lui i doni. In un angolo, vicino al camino, il nonno rantolava con una  bottiglia vuota di Grappa nel culo. I tre piccoli Brambilla si misero a piangere appena realizzarono che per quest'anno non avrebbero avuto nulla nonostante avessero diligentemente compilato, come richiesto dal maestro della locale scuola elementare, le letterine a Babbo Natale con inchiostro verde e giurarono che, appena raggiunta l'età per votare alle elezioni, avrebbero messo la loro croce sul Partito di Autonomia Sardo. Nel camino ardeva un falò alimentato dal Diploma di Geometra del Brambilla e dall'intera Enciclopedia della Cucina e Tradizione Padana, Opera in dieci volumi di cui nessuno avrebbe mai sentito la mancanza. Ormai in viaggio per altri lidi, Babbo Natale, masticando uno zampone genuino padano prelevato dai Brambilla, si chiese se non avesse esagerato. Decise per un fermo " No! "e si buttò tutto alle spalle, compreso l'osso dello zampone con un sonoro, rotondo rutto. Poi allentò le briglie e schiacciò sull'acceleratore. Le renne misero il Turbo. Bisognava fare in fretta. Non rimaneva molto tempo. Manca poco al Natale.
A proposito: TANTI AUGURI!!!.
  

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