sabato 23 febbraio 2013

La notte prima delle elezioni.

La notte prima delle elezioni gli aventi diritto al voto andarono a dormire in compagnia di un sogno.
La notte dopo le elezioni dormirono un sonno agitato a causa di molteplici incubi. Avvitandosi continuamente nel letto come trottole impazzite cercavano di ricordare dove avessero messo la croce, sulle schede o sul tavolino sul quale le avevano aperte, distese e ben allineate, oppure se la matita fosse spuntata, spezzata, rotta, o se si fossero sbagliati di seggio, di circoscrizione, di via, di piazza, di paese o città. Per quanto si impegnassero non riuscivano proprio a ricordare. Un buco nero enorme la memoria,  il buio totale. Eppure erano certi di essere stati in un qualche luogo, di avere presentato un documento d'identità a qualcuno, di avere ricevuto in cambio delle schede di diverso colore, di essersi avviati alla cabina, di essere entrati e, dopo essersi accertati che alcun occhio indiscreto li stesse osservando, aver votato. Certo, questo è indiscutibile, votare avevano votato ma per chi? Erano tutti sicuri di aver votato per quello giusto ma i risultati dicevano il contrario, i voti erano andati, tutti, a quello ingiusto. Possibile che si fossero sbagliati, che avessero commesso un così marchiano errore? Il giorno dopo le elezioni nulla era cambiato anche se tutto pareva cambiato. Il giorno dopo le elezioni la maggior parte degli aventi diritto al voto, causa disoccupazione,  restava al freddo tra le coperte tarlate, il riscaldamento ormai da qualche inverno, per funzionare, a causa del taglio dell'erogazione del gas, aspettava l'estate, sul comodino una pila di bollette scadute da pagare, sotto ad un piede claudicante di un letto traballante il libretto degli assegni, la carta di credito ed il bancomat a formare un cuneo, assolutamente non fiscale,  per migliorarne la stabilità, il frigorifero sempre e comunque vuoto, il senso di solitudine, sfinimento, rassegnazione ed abbandono cordialmente uguali a prima. Il giorno dopo le elezioni non restava che guardare al futuro con la consapevolezza che solo quello prossimo, rappresentato dall'ufficiale giudiziario che munito di un'ascia stava abbattendo la porta di casa per dare il via ad uno sfratto definitivo, per voi sarebbe avvenuto. Di futuro remoto, anche solo come ipotesi grammaticale, nemmeno a parlarne.
Lontano, da qualche parte, in una terra baciata dal sole, il popolo felice Dei Non Aventi Diritto Ad Alcun Voto continuava a dormire tranquillo.
 

venerdì 1 febbraio 2013

Le stelle sono tante.

E' notte e le stelle sono tante, milioni di milioni.
Rotola un barattolo lungo la via spinto dal vento. Un gatto blu attraversa lentamente la strada. Un uomo si avvicina stretto in un impermeabile nero, si ferma, rapido apre l'impermeabile, lo lascia cadere a terra, rimane nudo e, urlando "io sono mio!", comincia a correre. Ha il culo bianco, lattiginoso. Una via lattea in decomposizione. Dalle finestre affacciate sulla notte la luce intermittente delle televisioni, il fruscio dei pc, il frastuono del nulla. Un predicatore, seduto su di una panca alla fermata, aspetta un tram chiamato desiderio. Formalmente nulla da eccepire, peccato che le rotaie, da queste parti, le abbiano tolte da un pezzo. Appoggiata ad un lampione spento la vecchia puttana in saldo offre se stessa. Inutilmente, al buio non la vedrà mai nessuno. All'incrocio dei mille semafori qualcuno ha ormeggiato una barca, un'altro una scatola con dentro il mare. Al bar dell'angolo il solito gruppo di beoni ottusi teorizza sui retti. Pitagora, l'anziano barista, da tempo non li sopporta più. Dal vicino forno odore di pane, focaccia, cornetti. L'aurora è lontana, l'alba chissà dov'è.
E' notte. Le stelle sono tante, milioni di milioni.