giovedì 27 gennaio 2011

La birra e lo straccio.

Lo scheletro entrò nel bar ed ordinò una birra e uno straccio. Il barista, brizzolato e razzista, sbirciandolo di traverso, lo valutò un extra comunitario esageratamente magro e lo servì senza un sorriso. Seduti ad un tavolo poco distante dal bancone alcuni clienti discutevano ad alta voce, gesticolando, saltando da una questione all'altra. Lo scheletro, pur senza orecchie, ascoltava. Uno di loro, alto, stempiato e con la pancia gonfia del gran bevitore, si alzò per uscire a fumare appena dopo aver detto la sua sulla formazione che avrebbe dovuto scendere in campo la domenica successiva nell'incontro che la squadra del cuore, piuttosto in difficoltà nell'ultimo periodo, doveva sostenere con la prima in classifica. Gli altri, tra cui spiccava per animosità l'uomo delle farine, lo invitarono ad occuparsi d'altro. Il barista, asciugando con una pezza linda alcuni bicchieri, annuiva sospirando. La parola passò al pensionato tuttologo che virò dal calcio alla politica. In quei giorni, nella Repubblica delle Parole al Vento, teneva banco la questione morale legata ai comportamenti poco consoni del Capo del Governo. Coinvolto in ripetuti, reiterati scandali a tutto pensava tranne che a dimettersi. Il gruppetto si lanciò in una serie di critiche feroci, pur sostenendo di averlo votato alle passate elezioni, definendolo nano, vecchio, esageratamente ricco, satiro, porco. Infine quello che tutto sapeva concluse dicendo che lui, forse, avrebbe fatto lo stesso perchè, da che mondo e mondo, l'uomo è cacciatore. Poi bastava pentirsi magari in un confessionale. Gli diedero l'assoluzione scolando l'ennesimo Barbera. Poi si passò alla Storia. La pratica della ricorrenza del centocinquantenario dell'Unità del Paese fu svolta in due minuti, mischiando Garibaldi con Socrates e Cavour con Maradona. Mazzini fu confuso con Mazzinghi ed uno giurò che fu Primo Carnera a sfondare Porta Pia. Rapidamente sorvolarono Piave, Carso e battaglie di trincea, per giungere all'ultimo conflitto che aveva coinvolto il Paese a livello mondiale. Tutti ritennero che si fosse trattato di un tragico errore in cui era incappato un uomo in fondo buono, ispirato, che aveva a cuore le sorti della sua gente. " Si, è vero, si fece plagiare da un pazzo ma in tanti luoghi, grazie alle bonifiche, eliminò la malaria." concluse l'uomo delle farine. Poi uno disse " Signori, si è fatto tardi. E' quasi ora di cena." Tutti si alzarono e, dopo aver saldato il conto, mossero verso l'uscita. Passando vicino allo scheletro, che tranquillamente finiva la sua birra, notarano una serie di numeri incisi sul suo ossuto avanbraccio sinistro. Il tuttologo, curioso come sempre, ne chiese il motivo. Lo scheletro, lasciando cadere lo straccio, con un fil di voce, disse " Oggi è il Giorno della Memoria. Io sono qui per ricordarvelo."
" Ma certo! " esclamò l'uomo delle farine " Il signore ha ragione. Son passati settant'anni dall'ultimo scudetto del Grifo! Grazie per avercelo ricordato." " Porca miseria, stiamo proprio diventando vecchi. Come è possibile che  riusciamo a dimenticare avvenimenti del genere. Dove è finita la memoria?" concluse il tuttologo avviandosi alla porta. Quando tutti furono andati lo scheletro raccolse lo straccio inzuppato da terra,  lo porse al barista e se ne andò. Questi schifato lo gettò in un secchio e lì lo dimenticò.        

2 commenti:

  1. vera e triste, le cose vanno cosi'....BRAVO SIGNOR MINGUZZI!!!

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  2. :( drammaticamente vero. Gli unici che non possono dimenticare sono gli scheletri con la serie di numeri incisi sull'avambraccio...

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