lunedì 7 febbraio 2011

Il girello e la matrioska.

Aspetterò che passi l'ultimo dell'anno. Poi non mi resterà che aspettare che passino i successivi  trecentosessantacinque giorni. Così pensava tra se la Signorina Mary spingendo il suo girello sulla grande terrazza pavimentata a mattonelle rosse dissestate in quella fredda mattina di fine dicembre. Da qualche tempo per muoversi utilizzava quell'ausilio prestatole dalla ASL. Dopo iniziale difficoltà aveva imparato ad usarlo e le era ormai diventato indispensabile per gli spostamenti nella casa. A volte, seduta sulla poltrona in similpelle color tabacco sulla quale passava parecchie ore della sua giornata guardando con interessse una televisione spenta, ricalcando schemi di parole crociate di vecchi numeri della Settimana Enigmistica già compilati o risolvendo, con discreta abilità, rebus già risolti, gli parlava. Era diventato oltre che il suo unico mezzo di sostegno anche il confidente e compagno di chiacchiera più fidato. Da anni viveva sola in  compagnia di una statuaria badante ucraina di cui non capiva la lingua. Questa svolgeva le faccende di casa in cambio di una piccola paga e della concessione di abitare nell'appartamento che pur minuscolo le aveva dato la possibilità di sistemare nel piccolissimo salotto una matrioska gigante dove la signora venuta dal gelo riusciva a dormire, la notte, in piedi. I tempi erano quelli che erano e non si poteva andare troppo per il sottile. Bisognava accontentarsi e poi la bambola di legno dipinto era stata imbottita con la lana di un vecchio materasso recuperato dalla cantina e l'odore di vino di cui era impregnata favoriva il sonno. La signorina Mary non si era mai sposata ne aveva avuto figli nonostante da giovane fosse stata piuttosto volitiva e avesse avuto la possibilità di collezionare un numero impressionante di divise militari assortite, dalle quali era fortemente attratta per tradizione familiare essendo stata l'unica erede di un Generale del Corpo degli Alpini. In occasione di sfarzosi ricevimenti danzanti che si tenevano ogni sabato sera al Circolo degli Ufficiali ai quali, fanciulla in fiore, accompagnava il pennuto padre, portava sempre con se un libricino con la copertina rosso fuoco su cui annotava l'invito di ogni giovane tenente, biondo o bruno, con baffi o senza che fosse, prima di lanciarsi in sfrenate danze che si concludevavno sempre, a seguito di precise, calcolate piroette, in qualche giardino, dietro a qualche siepe, su qualche scomoda panchina. Quel Carnet da ballo lo possedeva ancora e quando lo sfogliava scavando nei ricordi, non riusciva a spiegarsi il perchè così tante pagine fossero state strappate. Ormai quasi centenaria, completamente rifatta da un rinomato chirurgo plastico che aveva fatto esperienza sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale che però negli ultimi tempi difettava in precisione, causa un forte tremolio alle mani dovuto a Parkinson in stato avanzato. I recenti plastici ritocchi non erano riusciti benissimo e la signorina Mary guardandosi nello specchietto di un antico portacipria in argento stentava a riconoscersi. Decise così, pur a malincuore per l'affetto che la legava all'illustre luminare, di rivolgersi a qualcun'altro leggermente più fresco per i prossimi restauri. Ne parlò al girello che la ascoltò con attenzione ed approvò senza dire una parola. Soddisfatta della conversazione la signorina Mary chiamò l'ucraina suonando il campanellino che portava al collo appeso ad una collana di perle splendenti leggermente opache. La donna accorse camminando piano e disse " Da? ".    " Buongiorno stramaledetta comunista. " sibilò la Signorina Mary " Vorrei una tazza di the. Al limone. Grazie." La paziente, testarda allieva di mille giornate inutili trascorse nel tentativo di insegnarle l'italiano ridisse " Da." e si diresse ciabattando in cucina. Ne riemerse dopo poco con un tazzone fumante di Bolsh, una zuppa maleodorante di barbabietole, piatto comune ad ogni angolo della più sperduta steppa, che posò con orgoglio sul tavolino tarlato Luigi Filippo posto vicino alla poltrona. La signorina Mary si accorse subito dell'errore e urlò disperata " Un the! Dannazione! Ho detto un the! " L'ucraina sorrise serafica, disse un'altro " Da." e si infilò nella matrioska per la pennichella quotidiana. La Signorina Mary si alzò maledicendo tutti gli Zar di tutte le Russie e si avviò verso la terrazza guidando l'amato girello. " Dio come è difficile capirsi, oggi, a questo mondo." disse avanzando " Fortunatamente ci sei tu che mi comprendi bene. Dai andiamo fuori a fare due passi." Il girello si mosse e l'accompagnò scivolando sobbalzando dolcemente sulle mattonelle rosse. Poi, d'improvviso, prese una velocità assurda e trascinò la signorina Mary sino al bordo della vasca in pietra dove nuotavano pigramente tra ninfee colorate parecchi pesci rossi. Due ore dopo, Olga la russa come la chiamava la Signorina Mary, si accorse che la medesima era misteriosamente scomparsa e che i pesci nella vasca erano ingrassati in un modo spaventoso. Come niente fosse tornò in casa, fece le valigie e con la matrioska sotto ad un braccio mezz'ora dopo era già all'Ufficio di Collocamento in cerca di un'altra sistemazione. Poco prima, chiudendosi dietro le spalle l'uscio pensando con sincera commozione alla Signorina Mary, disse "Da." Per l'ultima volta.

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