domenica 20 febbraio 2011

Il muro.

La vita di Antonio scorreva impetuosa come un fiume in secca.
" Forse oggi mi faccio la barba." si disse guardandosi allo specchio. " Il tempo è bigio. Per la rivoluzione non è l'atmosfera giusta. Meglio aspettare la grandine e farsi un buon caffè." Si portò in cucina, preparò la moka da una tazzina, l'unica che possedeva, e la mise sul fuoco. " Che tristezza però. Mi piacerebbe tanto prepararne una da due tazzine. Vorrebbe dire avere qualcuno con cui  dividerlo il caffè. Prima o poi accadrà e quando capiterà sono certo che, dopo un paio di giorni, me ne lamenterò. La compagnia mi piace se dura giusto il tempo di un caffè."  Nel mentre la moka fece il suo dovere e il monolocale, con servizi e vista svincolo autostrada, venne invaso dall'aroma che sprigionava. Antonio prese il suo caffè triturando contemporaneamente un paio di porzioni di torta alle mele e, rinunciando a radersi, con la borsa contenente l'attrezzatura per il tennis buttata sulle spalle, aprì la porta ed uscì. In sella alla sua moto raggiunse in cinque minuti il Circolo del Tennis dove iniziò a riscaldarsi prendendo a pallate un muro. Dopo circa mezz'ora di furiosi colpi il muro cominciò a manifestare un certo fastidio restituendogli la palla contravvenendo alle più elementari leggi della fisica e della geometria. Angolazioni assurde, effetti incredibili, violenza di respinta devastante. Antonio tentava disperatamente di rispondere colpo su colpo ma il muro era bravissimo nel ribattere. La palla raggiungeva gli incroci della linea di fondo con una velocità e una precisione degne di un campione costringendolo a correre come un matto da una parte all'altra del campo, fino a che, prendendo un improvviso, sconcertante, subdolo effetto si andò ad arrestare proprio sotto linea bianca che simulava la rete. Fu a questo punto che Antonio, stravolto, si accorse del sorriso sardonico apparso sul muro. Con gli occhi fuori dalla testa e la lingua penzoloni vide due mani munite di racchettoni enormi spuntare dal cemento e altre due braccia che gli facevano il gesto dell'ombrello. Subito dopo partì una raffica di palline colorate che lo investirono buttandolo a terra. Prima che potesse rialzarsi le due manone mollarono le racchette ed in un attimo scavarono una grossa buca nella terra rossa e, dopo averlo colpito ripetutamente sulla testa pelata con una Head in titanio, lì lo gettarono seppellendolo con cura. Tutto tornò tranquillo e il muro ridivenne muro ma con una scritta, rossa su sfondo verde, a caratteri cubitali che prima non c'era:  FIN CHE C'E' VITA C'E' SPERANZA. E' QUANDO SI MUORE CHE SONO CAZZI AMARI!

3 commenti:

  1. Geniale Signor Minguzzi...e balli anche molto bene. BRAVO!!!

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  2. Non dovrei essere un tipo facilmente impressionabile, ma prima o poi, dato che scrivi con esiti così convincenti e assodato che di tanto in tanto mi sembra di riconoscere le locations, mi verrà un po' di insonnia!

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  3. @Adriano spero tu non perda troppo sonno.Grazie per il tuo costante sostegno.ciao.

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