mercoledì 25 maggio 2011

Bestiario n° 2


La donna mignatta si attaccò all’uomo scarafaggio e gli succhiò il sangue. Nacquero, dopo alcuni mesi, degli esseri lunghi, biondi e con gli occhi azzurri. Belli striscianti ma esangui.
La mamma sanguisuga non se ne preoccupò, presto avrebbero imparato a rifornirsi di quanto necessario alla loro salute. Il padre scarafaggio proprio se ne fotteva dei suoi figlioli, anzi li avrebbe mangiati volentieri se quella rompipalle di sua moglie non lo avesse minacciato di succhiarlo fino alla morte.
La vita della simpatica famigliola proseguiva tranquillamente. I ragazzi crescevano attorniati da parenti ed amici attenti. Un paio di topi di fogna, in particolare, avevano una predilezione per uno di loro e non vedevano l’ora che crescesse un po’ per violentarlo. Gli piacevano parecchio quei boccoli biondi appiccicati, sul corpo sinuoso, peloso e viscido, che sfrontatamente metteva in mostra ogni volta che passava davanti alla loro tana. Quando i loro occhi famelici lo vedevano strisciare, strusciandosi provocatoriamente sul pavimento, fantasticavano di possederlo e spesso gli offrivano, per attiralo in trappola, i pezzi di formaggio che quotidianamente prelevavano, senza alcuna difficoltà, da altre trappole, disseminate qua e là per tutta la casa da qualcuno che, certamente, non gli voleva bene. Il piccolo non cedeva alle lusinghe ed, anzi, avendone capito le intenzioni maligne, si divertiva a mostrare loro il culo.
Vicina a loro abitava, in una vecchia scarpa da tennis della Superga, una coppia senza prole formata da una mantide religiosa ed un grillo. Il secondo, per niente saggio, dispensava consigli a tutti e tutti sapevano che diceva solo cazzate e non lo ascoltavano mai, la prima, una vecchia entreneuse in odore di santità, recitava salmi della Bibbia in continuazione. I topi, quando non ne potevano più di sentirli blaterare, mettevano sul piatto un pezzo di Bob Marley e si facevano un cannone.
Il gatto sornione sonnecchiava vigile sul tappeto persiano tutto il giorno. La padrona, per assecondarlo in questa sua funzione, gli aveva comperato una divisa da agente municipale con tanto di fischietto e paletta. Lui l’aveva presa piuttosto seriamente e dirigeva il traffico, a volte eccessivamente caotico, delle varie bestiole che popolavano l’appartamento. Multava, spesso, le zanzare, quelle con  una tigre nel motore, che scorrazzavano indisciplinate, senza rispettare le precedenze ed infischiandosene dei vari insetticidi, da una parete all’altra, zigzagando e ronzando in un modo insopportabile.
Il verme faceva la spia e gli segnalava i vari misfatti. Alcune pigre galline, che razzolavano nell’aia senza produrre mai uova, se ne accorsero e lo beccarono a morte.
Su tutti vegliava lo scorpione. Era stato, in un passato recente, il politico di riferimento per l’intera comunità. Finito nei guai per aver dimenticato che il sasso, sotto il quale viveva, gli era stato regalato, a sua insaputa, da un serpente a sonagli, per riciclaggio e per aver accettato molti altri inaspettati doni, tra i quali un frullatore, di cui, disonestamente, non sapeva che farsene, si era prudentemente ritirato sotto la sua pietra, come sempre riscaldata dal sole, ad aspettare tempi migliori. Purtroppo si trovò a passare di lì un elefante africano laureato in Giurisprudenza che aveva perduto la toga e la strada e, stanco da tanto inutile girovagare, si sedette proprio su quella pietra. Lo scorpione, accortosi dell’imminente tragedia, riuscì, con un ultimo urlo, ad invocare il legittimo impedimento ma non ci fu nulla da fare. La seduta andò avanti ed il peso della fatalità lo ridusse ad una poltiglia.
La comunità delle bestie inquietanti se ne fece presto una ragione. Nessuna lo pianse. Il fatto divenne una storiella satirica. Rapidamente passò di bocca in bocca ed ebbe un successo incredibile.
In fondo anche gli esseri viventi meno fortunati, ogni tanto, hanno il diritto di ridere. 

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