sabato 28 maggio 2011

Findus.

Quella sera, per cena, Antonio versò in una padella dell’olio e vi affogò una decina di bastoncini di pesce. Una volta fritti, li adagiò su di un piatto accompagnandoli con del radicchio trevigiano.
Poi, dopo aver visto una replica di una puntata dell’Odissea in TV, con un leggero senso di pesantezza allo stomaco, vestì il pigiama ed andò a dormire.
Dopo un po’si addormentò.
Fece un sogno.
Camminava su di un prato di alghe verdissime pieno di fiori di merluzzo.
L’odore era insopportabile.
Nel mezzo del prato Nettuno aveva aperto un bar.
Dietro al banco c’era lui con il forcone. Lo aiutavano due sirene bellissime, una bionda, l’altra mora, che andavano e venivano portando sulla coda, con incantevole grazia, vassoi stracolmi di tazze e bicchieri, continuamente inseguite da un certo Ulisse, un marinaio, ubriacone e sfaccendato, che non le lasciava in pace un momento, implorandole, insistentemente, di cantargli qualcosa. Alla fine, stanche, le due belle, lo legarono bendato ad un albero e chiesero, ad un coro punk di code di rospo alcolizzate, di intonare una ninnananna. Il navigatore disperso si addormentò come un bambino sognando una troia, un cavallo e alcuni froci. Gli ultimi gli parvero, nel sogno, non precisamente pertinenti ma quel canto, così soave. Decise di passarci sopra.
Sedute su alti sgabelli due balene, con le pinne appoggiate alla barra, conversavano sorseggiando dei cocktails a base di vongole veraci. Poco più in là, un polpo, attaccato ad un tavolo, scriveva un racconto erotico intingendo i tentacoli nella personale riserva d’inchiostro. Un uomo rana si muoveva lentamente nell’acquario, una coppia di orche, elegantemente vestite, parevano interessarsi parecchio a lui. Due squali giocavano a carambola con dei pesci palla, una triglia segnava i punti. Un pesce gatto mischiava abilmente un mazzo di carte leccandosi i baffi mentre l’anguilla si dimenava intorno ad un palo, a ritmo di musica, squamandosi lentamente. Un tricheco la osservava intensamente. Un’orata ed un branzino amoreggiavano in un angolo. In impaziente attesa, davanti al bagno, una fila di lumache di mare.
Fu un’aragosta che si accorse di Antonio e subito diede di chela ad un astice.
Poi lo videro le sirene e corsero ad avvertire Nettuno.
Questi si armò del forcone e gli venne incontro mostrandone i denti.
Un paguro bernardo gli fece lo sgambetto ed Antonio cadde a terra.
Nettuno gli fu addosso in un attimo e lo trapassò con la fiocina.
Il dolore fu lancinante ma nulla in confronto a quello che lo aspettava.
Infilzato, venne velocemente trasportato in cucina dove bolliva un pentolone d’acqua insipida e lì immerso ancora vivo. Sentì la pelle arroventarsi, poi staccarsi dalla carne che bruciava in un modo indescrivibile. Quando fu cotto, lo tagliarono a pezzetti e, dopo averlo mischiato con delle patate lesse, lo condirono con olio, prezzemolo, aglio e un pizzico di sale. Ne fecero una bella insalatina di terra, offrendolo, alla clientela presente, adagiato su di una grande conchiglia.
L’aragosta ne ordinò, ridendo, un paio di porzioni ma il primo a gustarlo, con piena soddisfazione, fu il polpo, anche se, da sempre, detestava le patate con il prezzemolo.
Qui, Antonio, si risvegliò. Naturalmente si rese subito conto di avere sognato. Guardandosi attorno, sudato e con occhi stravolti, riconobbe la stanza da letto.
Si tranquillizzò ed, alzandosi, infilò le ciabatte e si diresse verso il bagno.
Entrando vide un tonno che faceva la doccia, nel lavandino sguazzavano delle acciughe, nel bidet danzavano delle meduse.
Si disse, sorridendo, che stava ancora sognando e non ci diede peso.
Quando si sedette sul water, un pesce siluro schizzò dal fondo e gli sfondò il culo.
In quel preciso momento si rese conto di quanto fossero indigesti i bastoncini Findus.

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