lunedì 4 aprile 2011

Il tostapane.

Ci sono due ubriachi, quattro puttane, una maga indiana che si fida solo di Perlana. I pesci nella vasca. C’è Fosca, c’è Tosca, su quella tenda c’è una mosca.
E poi un cielo con due lune, un gatto, un matto. Un cappellaio strano, strafatto. Ha il tempo tra le mani, parla col vento e tutto quello che dice è un tormento: “Lo vedi come il mondo sta cambiando, tu sogni e intanto lui sta girando. La radio ha in onda il mare, il mare è in un cassetto, mi rado e non mi pare che tutto sia perfetto.”
Che fosse una strana giornata Mario lo intuì subito.
Intorno a lui solo cartoni animati. La casa sottosopra, l’auto in garage che rideva. Sul tavolo in cucina il fidato tostapane, compagno di mille colazioni, quella mattina aveva le mani e un paio di folti, curati baffi. Giocava con il pan carrè tostandone fette in continuazione. Poi le espelleva tutte bruciate, fumanti, gridando “Pool!”. A questo punto il frigo spalancava la porta e, armato di un fucile ad alta precisione, sparava all’impazzata cercando di abbatterle. Ad ogni fetta tostata centrata gli altri elettrodomestici applaudivano eccitati.
Il forno proponeva scommesse, la lavastoviglie faceva l’offesa.
Il tempo non era dei migliori quella mattina.
La doppia luna che si vedeva nel cielo era perlomeno strana considerando che il sole si era levato già da un pezzo. Appunto, si era levato, tolto di mezzo. Il suo posto risultava occupato da una donna piuttosto in carne, dotata di un seno enorme e con un giradischi al posto della bocca. Il mare, che fino al giorno prima stava dove sempre era stato, ora era nel cassetto della biancheria intima di Lucia, sua moglie, e sembrava soddisfatto. Il cane aveva preso le sembianze del gatto. Il gatto quelle di nonna Maria. Quest’ultima si aggirava nel salotto vestita come una pin-up aspirando il fumo di una sigaretta da un lungo, nero bocchino. Un tipo con uno strano cappello a forma d’orologio parlava da solo seduto su una arancia. Una maga indiana tracannava dell’ammorbidente.
Mario decise di non farci caso. Di non svegliare Lucia per informarla delle novità. Andò in bagno per radersi e vi trovò quattro puttane immerse nella vasca. Davanti al water due ubriachi che non riuscivano a centrarne il buco. La cosa lo infastidì un poco, ma, per buona creanza, non disse nulla. Prese il pennello, lo intinse nel sapone e cominciò a farsi la barba. Quando ebbe finito una delle puttane gli disse:” Stai bene rasato. Vuoi forse farti un bagno?”.
Mario ci pensò un attimo, poi si accorse che dentro, coperti dalla schiuma, c’erano già i due ubriachi e declinò gentilmente l’invito. Uscendo notò sul viso delle donne una certa delusione, su quello degli alcolizzati un invito a non provarci.
Scrollando le spalle, Mario, aprì la porta d’ingresso ed uscì in giardino. Si diresse rapidamente verso la casetta degli attrezzi, vi entrò. Qui, dallo scaffale di sinistra, prelevò un lanciafiamme e, dopo essersi cosparso accuratamente di benzina, si diede fuoco. Bruciò in un lampo.
Quando sua moglie si alzò dal letto e scese in cucina per farsi un caffè, il tostapane era sul tavolo, come sempre, in attesa di qualcuno che inserisse la spina.
  

2 commenti:

  1. Mi aspettavo un finale diverso, ma il tuo è più ...non so trovare l'aggettivo giusto!
    Ciao, Norberto, è sempre un piacere fermarsi da te.

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