lunedì 3 settembre 2012

Il Piccolo Circo 2.

Il Piccolo Circo ha un leone di pezza, due nani alti un metro e novanta, un Presidente del Consiglio che ha la stessa età di Mick Jagger dei Rolling Stones ma non sculetta quando canta. Il pubblico, accorso numeroso nella speranza di veder cadere altri acrobati cassintegrati, pare deluso. Il Direttore del Circo offre, come sempre, il suo minestrone bollente. La gente pare gradirlo. Poi si spengono
le luci, tacciono le voci e nel buio senti sussurrar:" Scusi vuol ballare con me?" E' uno dei nani altissimi che invita una bassa davvero scelta nel mucchio ancora con il cucchiaio di minestra bollente in mano. " Grazie, preferisco di no." risponde la tappa. " Devo prima finire la mia minestra se no salto dalla finestra." " Nessun problema.- risponde il nano altissimo - Da tempo ho imparato ad accettare le sconfitte, i rifiuti, i due di picche. Ballerò da solo, brutta stronza!"
Lo spettacolo, anche per questa sera, volge al termine, al termine della notte, al limitar del giorno, alle soglie di Tannhauser dove, si dice, i nani, anche quelli molto alti, vivano bene.

Il Piccolo Circo.

Il Piccolo Circo ha un leone di pezza, due acrobati con le mani sudate e tre nani alti un metro e novanta. Lo spettacolo è breve ma divertente. Alla fine il domatore offre a tutti i presenti minestrone bollente. Il pubblico, scottato, applaude convinto. Si spengono le luci, tacciono le voci e nel buio i due acrobati dalle mani sudate concedono il bis lanciandosi nel vuoto mancando irrimediabilmente la presa. Il Circo perde due onesti artisti ma acquista in fama e, niente paura, domani lo spettacolo si ripeterà. Persone in cerca di una qualsiasi occupazione, anche momentanea, non mancano.

sabato 11 agosto 2012

Lo spazzino.

Il grasso culo della vecchia baldracca ubriaca schiaffeggia l'afa sobbalzando impetuoso a ritmo di musica. Musicisti vestiti, da donne crudeli, con saldi dell'Upim suonano tristi musiche allegre. Il pubblico, seduto intorno ad approssimative tavole imbandite, digerendo veleno scoreggia e rutta composto. La classe non è acqua, qui infatti è soprattutto vino di misteriosa spremitura e birra senza bianca schiuma. E' festa in paese, la gente lo sa e quindi la evita. Il turista, l'ultimo rimasto, appena evaso da San Vittore, rimpiange la cella intrisa di nebbia, là si che si poteva sognare un mare pulito ed un accordo decente. La sera si fa notte, la notte, per disperazione, vorrebbe farsi ma la droga scarseggia. La banda impazza, impazzendo strombazza, schitarrazza, tamburazza, il cantante starnazza. E' bella la musica, commenta il sordo. Fantastiche le luci colorate sul palco, replica il cieco. Qualcuno vorrebbe i fuochi artificiali ma è tempo di crisi e l'Amministrazione dispersa alle Maldive. Alla fine rimangono in tre, quello morto sorride felice. Sulle note dell'ultimo tango la baldracca, volteggiando pieghe di grasso, si accascia  tradita da un tacco vigliacco. La festa è finita  Le stelle cadenti cadranno in ritardo, nessuna pietà. A terra cartacce, vetri rotti ed una dentiera.  All'alba toccherà ad un anziano spazzino raccogliere il tutto e lui sa bene quanto siano cari, da sempre, i dentisti.

sabato 23 giugno 2012

L'uomo che aveva caldo.

L'uomo che aveva caldo, fregandosene dell'opinione dei vari surgelati, aprì lo sportello del freezer e si buttò dentro. All'interno riconobbe un suo vecchio amico, del quale si erano perse le tracce molti anni prima, e volle complimentarsi con lui per l'ottimo stato di conservazione. Appena sotto all'amico c'era il vecchio nonno in costume da bagno ed un mezzo Toscano appeso alle labbra che, appena lo vide, prima gli chiese un posacenere e, subito dopo, disse che aveva urgente bisogno di recarsi al cesso. Ancora più sotto si trovava una lontana cugina completamente nuda, nota per la sua ninfomania che, appena ne sentì l'odore, cercò di saltargli addosso e, nel farlo, inavvertitamente, ma questo non è certo, venne deflorata da un totano gigante, che si trovava lì ormai da molto tempo ma ancora abbastanza caldo nonostante la temperatura. L'amplesso durò parecchio ed il freezer si surriscaldò.
L'uomo che aveva caldo decise allora di uscirne, mandò tutti quanti a fare in culo e si ricordò di possedere un vecchio ventilatore Marelli. Era certo di averlo messo, tempo prima, in un grande armadio piazzato in cantina. Di corsa fece le scale ed entrò nella cantina. Quando lo aprì, vide sua zia che si asciugava i capelli davanti al vorticar delle pale e lei, appena si accorse di lui, gli chiese subito se aveva, per caso, portato con se dei bigodini. Lui disse di si e sfilò quelli che aveva messo poco prima. Poi decise di tornare di sopra, nell'appartamento intriso di afa, spalancò le finestre ma da queste non entrò aria fresca bensì un nutrito gruppo di Watussi, un paio di leoni, alcune zebre ed un elefante che gli domandarono come si trovasse in Africa. Gentilmente li fece accomodare in salotto ma non rispose alla domanda. Si sedette davanti al televisore e puntò il telecomando. Lo schermo si illuminò rischiarando la stanza, il suo volto e quello dei suoi ospiti erano rapiti: in TV c'era la pubblicità di una scuola di sci estivo, in cima ad un ghiacciaio, naturalmente.

sabato 2 giugno 2012

Il passaggio a livello.



Il passaggio a livello era chiuso.
Appoggiato alla sbarra, in etilica attesa, un ubriaco. Dietro di lui nessuno.
Dopo un anno le sbarre erano ancora abbassate, l'ubriaco sempre lì. Dietro di lui la folla.
Al di qua del passaggio a livello si era creata una comunità, al di là c'era solo campagna.
Un, allora, giovane veneto, di cui non farò il nome, Giorgio, in procinto di intraprendere una vita dissoluta, giunse in bicicletta e, zigzagando tra la gente, si accostò all'ubriaco e gli strinse la mano. Poi passò sotto alla sbarra ed attraversò i binari. Il gesto non passò inosservato, l'intera comunità ne restò scossa. Il venditore di rose pakistano vide nell'insano gesto un grave pericolo per la sua attività, se tutti avessero fatto lo stesso chi avrebbe più comprato una rosa? Il prete ebbe improvvisa paura di non avere più nessuno all'ora della Messa già così poco frequentata, il proprietario del chiosco " La Cantinetta" temette di dover chiudere baracca e burattini e, soprattutto, colto dal terrore, cominciò a pensare a chi mai avrebbe potuto affibbiare le amate olive taggiasche made in china che accompagnavano gli aperitivi. Il folto gruppo di pensionati come avrebbe passato il tempo, senza spendere quasi nulla, se il chiosco avesse chiuso? Gli intellettuali a chi avrebbero dispensato il loro intelletto? I genoani dove sarebbero andati? Non certo a Napoli, dove qualcuno favoleggiava di un passaggio a livello chiuso da più di cinquant'anni, là c'erano solo napoletani, nemmeno gemellati. Le signorine grandi firme, e le signore grandi taglie, dove avrebbero consumato i loro caffè macchiati con latte caldo ma anche freddo? Ed il negro che con la sua enorme mazza suonava i tamburi contemporaneamente raccogliendo caucciù che fine avrebbe fatto?
A risolvere tutto ci pensò l'ubriaco. Pensando di poter imitare impunemente lo scaltro giovane veneto, di cui non farò il nome, Giorgio, si lasciò cadere a terra e strisciando decise di attraversare i binari proprio mentre sopraggiungeva l'unica Freccia Rossa che sarebbe mai transitata da quelle parti, naturalmente per un errore del macchinista. Dopo che l'intero treno, appunto veloce come una freccia, fu passato, del generoso etilista non rimaneva molto e quel poco venne subito coperto da mani pietose leggermente schifate, con fogli di giornale. Il giorno dopo, sulla cronaca locale nemmeno una riga. In fondo nessuno ritenne necessario portare il caso sul giornale visto che solo poche ore prima, il medesimo, vi era finito sotto. A seguito del malaugurato incidente il passaggio a livello restò chiuso in eterno e tutti vissero, al di qua, felici e contenti. Solo il giovane veneto, di cui non farò il nome, Giorgio, restò al di là. Ancora oggi è là, con la sua bicicletta, i baffetti da sparviero, con quella faccia da straniero, un po' pirata, un po' signore, protagonista dell'amore.

sabato 19 maggio 2012

Il giorno delle bombole.

Sull'autobus viaggiavano assonnati e felici. Vi erano saliti poco prima, di buona mattina, per andare a scuola. Alla prima curva uno che occupava un posto nell'ultima fila, seguendo il naturale sbandamento del mezzo, si lasciò cadere sul sedile vicino dove stava seduta colei che segretamente amava. Lei non si scompose ma arrossì rapidamente. Alla seconda curva una ragazza di bell'aspetto si alzò in piedi e fece la migliore imitazione di campionessa di slalom speciale che si fosse mai vista. Alla terza curva gli unici fidanzati del gruppo si baciarono. Poi la strada divenne rettilinea e così proseguì fino a destinazione. Ogni tanto l'autobus si fermava per caricare qualcuno lungo la strada, nessuno scendeva. L'autista, un uomo bruno con un bel paio di baffi e la testa pelata, guidava sereno. Quando arrivarono a destinazione erano le sette di una bella mattina. Scesero disordinatamente facendo il naturale chiasso di chi è giovane e sa che ha tutta una vita davanti per smettere di far casino. I due fidanzati, rimasti avvinghiati per l'intero percorso, scesero per ultimi senza slacciarsi. Le ragazze, la maggioranza, si disposero in gruppo davanti al cancello raccontandosi i loro sogni, i pochi maschi si misero a discutere di calcio, i fidanzati si appartarono dietro ad un pilastro.
Ridevano tutti, felici di esser parte del mondo.
Ancora non sapevano che quello sarebbe stato il giorno delle bombole.

giovedì 17 maggio 2012

Correva l'anno.


Correva l'anno 1958 e mi apprestavo a vedere la luce. Non che lo volessi ma mi dissero, in risposta a precisa domanda, che mi sarebbe toccato vederla. Avendo già piuttosto sviluppata una discreta dose di lungimiranza, tentai di appellarmi ad ogni sorta di associazione per la protezione dei nascituri, all'epoca praticamente inesistenti, di modo che mi venisse concesso di poter nuotare, al caldo, in eterno. Non fu così. Restavano soltanto due giorni di tranquilla, comoda, pacifica vita prima di venire catapultato, in mezzo a milioni di altri disgraziati, nel mondo. Così preparai le valige, feci il biglietto di andata, quello di ritorno mi venne vivamente sconsigliato, era gratis ma io, ancora, non lo sapevo e mi portai verso la rampa di lancio. Quando arrivai al cancello ero solo, primo della fila e, dopo due ore, ero sempre il primo e l'unico. Il tempo non era dei migliori. Faceva freddo ed indossai un loden verde. Uno spermatozoo che, da anni, viveva in clandestinità da quelle parti mi informò che fuori era maggio e che avrei dovuto rivedere il mio abbigliamento. Non sapendo nulla di mesi e stagioni non gli diedi ascolto e ritenni più giusto mettere al collo la voluminosa sciarpa di lana, tipo ruvido, comperata poco prima, con lo sconto del 90%, ad uno dei negozi," Le belle ovaie " mi pare si chiamasse, dello scalo. Comprandola, vista l'offerta, pensai di aver fatto un grande affare ma appena vidi il retro dell'etichetta ebbi il sospetto di una fregatura. C'era scritto: " Bimbo, svegliati! Se pensi che una stupida sciarpa potrà proteggerti dalle intemperie che incontrerai la fuori sei proprio fottuto!" Naturalmente, sul momento, non capii il criptico messaggio e non gli diedi peso. Rimasi altri due giorni, da solo, in fila con me stesso, con le valige in mano davanti al Gate. Unica compagnia, per niente gradita devo dire, lo spermatozoo imboscato che non stava zitto un attimo fumando in continuazione. Quando si accese la luce rossa e qualcuno, a tradimento, mi infilò un razzo acceso nel culo, capii immediatamente che, la fuori, non sarebbe stato per niente facile. Partii ad una velocità supersonica, spinto, oltre che dal razzo, da una specie di tsunami fatto di acqua e sangue. Nuotavo disperatamente e per un attimo riuscii ad attaccarmi ad un qualcosa di turgido, proprio sulla soglia del cancello, che non conoscevo ma che poi, negli anni, avrei frequentato parecchio e con grande soddisfazione. Dondolai per un tempo che parve infinito, poi persi la presa e la corrente mi trascinò via. Ricordo ancora le ultime parole dello spermatozoo che mi urlava: " Vai! Vai coglione! Scusa la metafora ma sappi che io non ho colpa. Sono un disertore, io!".
Quando le acque si calmarono e giunsi, stremato, sulla spiaggia, il loden era completamente zuppo, la sciarpa tutta annodata al collo. Poco dopo, portata da un'onda anomala, una delle valige mi piombò sulla testa, l'altra non si trovò più.
Ad aspettarmi, sulla battigia, una signorina vestita di bianco con un cartello in mano.
Sopra c'era scritta una serie di numeri: 19.05.58 ma non erano per il Lotto.