mercoledì 24 novembre 2010

La telefonata.

Ascolto la telefonata mentre raccolgo la pioggia con il colapasta. Resto immobile. Rivedo il terribile ghigno, l'inossidabile sorriso dei suoi sessantaquattro denti sovrapposti. Chi parla è il re degli squali in caduta libera, si dibatte stretto tra mafie e derby. Ormai anche i barboni lo guardano, maledicendolo lo aspettano preparandogli i cartoni. Lui nel parco da sempre ci abita ma gli alberi più gli appartengono. I borghesi seduti in seconda fila si baciano per non vedere. Le ricche vedove lo giudicano un ladro ma ancora fine gentleman. Attacca lanciando sassi, farnetica, la vita sua è essere simbolo di tenebre abbellite da perline e lustrini. Nelle vene ha sangue destinato a seccare. Si affiderà a medici compiacenti impotenti davanti all'immininente disfacimento. Un servo comporrà per lui l'ultimo canto, mentendo. Ci vorrebbe un poeta del male per spedire una cartolina ben scritta di saluti. Lui ha Bondi e Pato. Il primo non sa scrivere, il secondo sa palleggiare ma non con il destino. Scivolando nel fango gelido manderà baci lanciando gli ultimi diamanti alle Ruby di tutto il mondo che vedrà restringersi contro le stelle. Infine, finalmente, sparirà inghiottito da un buco nero grande come uno spot. Dio non lo guarderà stanco com'è delle sue stupide barzellette. Lontano, una melodia francese farà da tappeto musicale al suo addio.
Ascolto la telefonata mentre raccolgo la pioggia con il colapasta.

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